Risposte diverse…

Ridimensiona il testo-+=

Tempo di lettura: 4 minuti

È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei.”
JEAN-PAUL SARTRE

Il post di questo mese è un racconto del tutto inventato. L’epilogo meno. Ogni riferimento a fatti persone pertanto, è puramente casuale.

“Qualche giorno fà ho incontrato dopo quindici anni, Dolly e Molly, le due gemelline che venivano alle elementari con me. Le vedo ancora arrivare a scuola, mano nella mano, nei loro vestiti identici, salire le scale confondendo le loro identità. Molly e Dolly persino i nomi suonavano uguali.

Sedevano dietro di me nell’ultimo banco, piuttosto quiete e invisibili per tutta la mattinata. Mi piaceva quell’odore di pulito che emanava la loro pelle, i capelli biondi legati in una lunga coda e i dolci preparati dalla mamma con cui facevano merenda. Avevano anche un fratello di cui non parlavano mai. Forse le invidiavo anche un pò, invidiavo quel loro rapporto intimo ed unico. Non le vedevo quasi mai fuori la scuola, me le immaginavo giocare insieme, dormire insieme e condividere una vita di segreti fantastici. Facevo quello che solitamente viene fatto quando creiamo mondi sugli altri, cucendo loro addosso storie idealizzate, che partono da piccoli dettagli. Semplicemente ci piace sognare un mondo così.

Sembravano venire da una famiglia tranquilla, solamente dopo venne fuori che era una famiglia piena di guai, che il padre beveva, che era un violento e che il fratello era scappato di casa rubando tutto ciò che aveva potuto trovare. Ma sul loro viso di bambine uguali, almeno finche le ricordo, mai una traccia di disarmonia. Dalla fuga del fratello maggiore tutto precipitò, seppi che alle medie i loro voti erano cambiati, che erano spesso assenti dalle lezioni. E poi più nulla.

Qualche settimana fa le ho incrociate per caso mentre facevano la spesa al supermercato, all’inizio ho scorto solo Dolly. E’ stato forse un suo gesto, un qualcosa di lontanamente famigliare che mi ha avvicinata. Per me erano due in una sola entità. Loro non erano vicine e guardandole poi con abiti diversi, tagli di capelli diversi, si poteva fiutare una vaga somiglianza, ma nessuno avrebbe detto che fossero gemelle. Quando mi accostai a Dolly mi riconobbe subito, Molly arrivò subito dopo e ci slanciammo tutte e tre in un abbraccio lunghissimo. Andammo a prendere un caffè nella caffetteria del grande supermercato, con l’intento di raccontarci e almeno per me, di ritornare per un attimo a quei vecchi tempi. Non facevo altro che ripetere quanto fossero diverse oggi: Molly iniziò per prima a descrivere ciò che faceva, in modo sintetico con un sorriso tenue. Poi fu il mio turno, infine quello di Dolly. Come accade in questi casi, finiti i notiziari dell’ ex classe, seguì un silenzio imbarazzato, interrotto per fortuna dall’uscita di scuola di una delle figlie di Dolly. Ci salutammo, scambiandoci i numeri di telefono, gli account dei social…ma come spesso accade, il ci sentiamo– forse non lascia seguito.

Nei giorni seguenti quell’incontro mi ritornò spesso alla mente. Qualcosa mi aveva toccato. Innanzitutto le confrontavo e quella nuova differenziazione mi sconcertava, come se avessero dovuto restare identiche all’infinito per me. Le bambolette che la loro famiglia aveva plasmato sapientemente erano molto lontane dalle due donne di oggi; non mi ero mai chiesta come diventano due gemelle da grandi, pensavo restassero immutabili; invece, com’ è normale che sia, qualcosa le aveva fatte prendere due strade diverse, facendole diventare due esseri separati e non più simbiotici. In fondo mi dicevo, il carattere non è la risposta che ogni individuo dà all’ambiente?

Ai miei occhi è come se oggi avessero due luci diverse; Dolly tra, le due mi era sembrata la versione più opaca, più spenta. C’era qualcosa nel suo sguardo di indurito e non fu tanto il racconto delle difficoltà che aveva incontrato nella vita, dell’impossibilità visto la provenienza di crearsi una situazione stabile, sana, interiormente quanto esteriormente. Aveva una famiglia, un figlio, ma un marito assente e un lavoro che non le piaceva. Aveva cambiato più volte lavoro, si era licenziata o l’avevano costretta a farlo, aveva iniziato varie cose che non aveva terminato, corsi come partner. Sembrava che tutto fosse stato contro di lei. Mentre parlava il viso era teso da una collera lontana, si sentiva la sua rabbia a distanza, il senso di ingiustizia passato era ancora presente. L’avevo ascoltata, assentendo con la testa perchè sentivo che di quello aveva bisogno. Avrei voluto dire molte cose, ma ascoltare senza ribattere era farle sentire di essere dalla sua parte. Forse assentire è solo più facile a volte.

Molly invece sembrava più giovane della sorella, ascoltava in silenzio, composta nei gesti, i suoi occhi parlavano molto. Di fatto non aveva raccontato poi tanto, aveva lasciato il paese, la sua casa, un fidanzato storico, perchè se restava disse, sarebbe scoppiata- Ora faceva la ricercatrice. Le piaceva ciò che faceva, il suo nuovo paese, il suo nuovo fidanzato e tra le righe, la sua nuova Sè. Si fermava molto più a parlare del suo presente, che degli errori o degli orrori del suo passato, aveva voltato pagina.

Mi tornò allora in mente un episodio forse accaduto sul finire della quinta. Dovevamo andare in gita, ma a causa del comportamento violento di uno dei nostri compagni, fummo puniti tutti, l’intera classe dovette restare nell’aula quel giorno, mentre vedevamo dalla finestra gli altri che prendevano il pullman per andare a divertirsi. Eravamo tutti infuriati, delusi, frustrati. Dolly ebbe un attacco di rabbia così forte alla notizia, che scagliò il sussidiario sul bambino causa della punizione, mentre Molly ricordo non disse nulla: si mise a disegnare in silenzio. E probabilmente oggi mi dico, la verità sta tutta in quel ricordo: quello che allora mi parve come un gesto grandioso da parte di Dolly, capisco solo non servì a molto, quello che mi parve un gesto di rassegnazione e di mollezza di Molly, ora capisco fosse già un barlume della sua saggezza.

Così reagirono alla loro vita che poteva sembrare una predestinazione ineluttabile, partivano dalla stessa radice, ma i loro rami prendevano direzioni diverse. Accade a tutti noi. Mille persone difronte lo stesso evento possono dare mille risposte diverse.

Possiamo sempre cambiare strada e scegliere- scegliere se restare vittime o voltare pagina. Non a caso la parola che indica questo, si chiama respons-abilità“.

Rebecca Montagnino

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.