Più forti delle convinzioni, le aspettative.

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“Sempre di più mi aspetto sempre meno” Charles Bukowski

Le aspettative sono la parte “pratica” delle convinzioni, quello che pensiamo (o inconsciamente diamo per scontato) avverrà. Ci preparano all’azione in quanto ci spostano mentalmente su qualcosa che provoca una reazione emotiva interiore. Immaginando quindi ci prepariamo; facciamo le valigie per partire, se vogliamo usare una metafora. Le aspettative perciò sono in qualche modo le conseguenze delle nostre convinzioni, processano dentro di noi in questo modo: -Se io sono convinto che …, allora mi attendo che questo si manifesterà. –

Mettiamo che il questo costituisca la creazione di un piano d’azione, è sempre un bene?

ERRORI IL-LOGICI Il primo errore nella creazione delle aspettative, è che non siamo molto spesso coscienti di quali convinzioni si annidino all’interno della nostra psiche, specie di quelle più profonde e condizionanti. Finchè non le consapevolizziamo restano indisturbate ad influenzare il nostro modo di valutare ogni aspetto della vita, di noi stessi, degli altri, del mondo. Possediamo o più correttamente siamo posseduti, da convinzioni su tutto: dai nostri gusti alle nostre idee. Persino le nostre emozioni lo sono in quanto sono reazioni chimiche ai nostri pensieri, che se reiterate costruiscono degli schemi di abitudini.

Come sappiamo inoltre restiamo aggrappati nel tempo alle nostre convinzioni, ritenendo ingenuamente che si viva meglio al riparo, con una mente chiusa piuttosto che con una aperta, perchè ci sentiamo rassicurati all’interno del piccolo recinto della nostra confort zone.

Il secondo errore è che basiamo le nostre convinzioni su ipotesi, dando loro il valore assoluto di certezza e pertanto le viviamo senza metterne in discussione la limitatezza e l’assurdità.

Il terzo ovviamente è che da questo processo, noi ci sentiamo certi e ci aspettiamo che le cose sono o saranno come noi le percepiamo.

Le aspettative hanno di conseguenza anche il potere di deluderci maggiormente, fornendo scenari a cui la nostra mente si dirige e ponendoci nello stato di attesa.. Ad un certo punto la realtà perde la sua oggettività e il nostro desiderio si proietta esternamente su situazioni e persone: “E’ perchè si hanno delle aspettative che si resta delusi” Haruki Murakami

IL POTERE DELLA MENTE . Quando noi ci aspettiamo qualcosa, attiviamo delle reazioni mentali, le quali a loro volta generano dei processi chimici all’interno del nostro corpo. Conosciamo tutti l’effetto placebo e il potere della suggestione: quello che la mente pensa, in qualche modo rafforza la possibilità che avvenga. Quando ci creiamo delle aspettative perciò creiamo inconsapevolmente dei must su cosa deve o non deve avvenire; di conseguenza sono perciò i risultati dettati da quello che avevamo stabilito e basati su eccessive/irreali/illogiche/irrazionali attese iniziali, che ci conducono al malessere psicologico.

https://www.focus.it/scienza/salute/che-cos-e-l-effetto-placebo

“Devi aspettarti delle cose da te stesso prima che tu possa farle” Michael Jordan

La legge dell’attrazione, per quanto scomodo da considerare, non agisce solo in senso positivo, ma funziona anche al contrario, esiste infatti un effetto nocebo. A nessuno sappiamo piace ritenersi “responsabile” di ciò che pensa e artefice quindi di ciò che nella sua vita ingenera. Preferisce parlare di fato o casualità, di leggere gli accadimenti come semplici coincidenze, dimentico che anche quelle non avvengono casualmente e come affermava saggiamente Jung. “Ogni cosa che non passa dall’inconscio al conscio diviene destino” . La mancanza di contatto con sè o introspezione fa si che non siamo in grado di carpirne il significato, non sappiamo leggere tali segnali e la vita continua in tal modo a scorrere, come se non fossimo noi a mantenere la rotta. Nel seguente link potete approfondire meglio come questo processo condizionante delle aspettative agisce costantemente. https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2021/04/28/potenza-aspettative

Tra i vari aspetti elencati, molto interessante la distinzione tra speranza e aspettativa, dove nella prima resta quel barlume di consapevolezza che il nostro desiderio è appunto un desiderio e non uno stato di fatto. La parola speranza deriva dal latino speratio, che a sua volta deriva dal parola sanscrita il cui significato è tendere verso una meta. Nella derivazione religiosa la speranza indica uno stato di attesa appunto senza che si compiano azioni per raggiungerla. E’ particolare questa visione, in quanto ci pone in uno stato di passivo, come se le cose dovessero accadere per miracolo solo in quanto le desideriamo.

Molto spesso ciò che manca nelle nostre riflessioni, è questa divisione: il comprendere che un nostro desiderio non è la realtà, ma la proiezione di quello che vorremmo fosse. Non implica perciò che tutto ciò che vogliamo debba accadere; il “ci piacerebbe” riporta il concetto ad un uso “ipotetico” (la grammatica ha sempre un suo perchè)

.Se realizzassimo profondamente questo concetto, sarebbe già un modo per rendere più realistiche le nostre aspettative. Non solo; implicherebbe anche la valutazione e la ricerca di concretizzare le nostre volontà.

NON CI SONO ASPETTATIVE BUONE O ASPETTATIVE CATTIVE. Ogni aspettativa è comunque una convinzione limitante e per quanto quelle positive sono di sicuro più utili nella vita, in quanto motivano e ci rendono intraprendenti, anche queste comportano degli svantaggi. Come si afferma nell’articolo rischiano di provocare frustrazione quando non vengono poi realizzate: vivere carichi di aspettative positive rischia di creare delle valutazioni non obiettive e conformi alla realtà che sta fuori il nostro volere, rendendoci inoltre inclini al delirio di onnipotenza o mettendoci in pericolo (sopravalutazione di noi e sottovalutazione delle conseguenze delle azioni)

In pratica credere poco non dà forza alle motivazioni e credere troppo ne attiva in modo eccessivo. Entrambi i punti di vista peccano dell’elemento essenziale ( e difficile da ottenere ) per valutare la realtà: l’obiettività.

L’OBIETTIVITA’. Partendo dal posutilato che non esiste per nessuno un’obiettività totale, in quanto siamo comunque tutti più o meno soggetti all’autoreferenzialità, di sicuro tentare di avvicinarci il più possibile ad essa, non è un esercizio da sottostimare.

Avere la lucidità tra quello che sentiamo, tra le nostre capacità e le reali condizioni esterne è sicuramente il modo più neutro per giudicare la nostra posizone, dove possiamo arrivare e come.

Come abbiamo vediamo i nostri desideri ( che non sono diritti appunto) più che come ipotesi, delle certezze. Questo stato di attaccamento finisce con l’avere due limiti enormi; da un lato ci fa restare ancorati a situazioni anche quando sono sterili e obsolete. In secondo luogo non ci fanno vedere alternative. Quando ci mostrano strade diverse anche migliori rischiamo di scartarle solo perchè non consone a quelle prefissate inizialmente-nonostante è un pò lo stato serendipico di cui parlavamo in qualche post fa.-

Ci precludiamo così il cambiamento o il miglioramento anche nel momento in cui ci dà maggiori benefici, perchè cerchiamo ciecamente di soddisfare l’aspettativa iniziale. Questi attaccamenti generano morbosità e attese troppe alte del tipo, o questo o niente, soprattutto quando le attese sono investimenti sugli altri.

Le aspettative finiscono così con il nutrirsi di ansia di controllo: sentiamo che se preveniamo immaginando mentalmente le conseguenze, evitiamo i problemi mantenendo il monitoraggio costante e il controllo. Tuttavia sappiamo che questo pur essendo un meccanismo naturale, è altresì deleterio: non possediamo il dono di leggere il futuro e qualora lo avessimo non ci eluderebbe la sofferenza, pertanto anticipare per controllare non serve, se non a nutrire la nostra ansia.

IL CASO E L’INTUITO. Abbiamo smesso di coltivare l’intuito, il lasciarci andare al caso, dove per caso si intende il luogo in ci non vi è nessuna aspettativa, ma tutto accade. Viviamo talmente infognati nell’era delle programmazione, pianifichiamo tutto, incastriamo tutto, dalle esigenze fisiologiche, agli incontri; i nostri ritmi non sono più naturali, anche essi in qualche modo vengono programmati da un timer interno. Dobbiamo sempre sentire di possedere il controllo sul futuro, solo così ci sentiamo protetti. E’ davvero possibile? Nemmeno la pandemia ha revocato questa ingenua convinzione, mostrandoci che invece non possiamo controllare proprio un bel niente.

Diceva Gabriel Garcia Marquez “Non sforzarti tanto, le cose migliori ti accadono quando meno te lo aspetti”. Come a dire che la gioia più grande è quella che non ci si aspettava, non a caso viene chiamata sorpresa. Ma le sorprese implicano il non sapere che avverranno e perciò l’abbandono del controllo. Sappiamo restare in questo stato di sospensione?

Per questo, ovviamente, occorrerebbe predisporsi ad uno stato di attesa fluida, intuitiva e per niente ansiosi di possedere il dominio su tutto; sarebbe possibile se aspirassimo alla gestione, stato definito invece da una maggiore centratura interiore, una maggiore congruenza e integrità. Un conto infatti è aspirare a gestire sè stessi e il mondo, un conto è pretendere di controllare: il primo prima si impara pazientemente, il secondo semplicemente non esiste.

Chi ne è ancora capace oggi?

Rebecca Montagnino

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3 risposte

  1. Marco Della Verde ha detto:

    Un altro bel post, e un argomento piuttosto impegnativo! tra l’altro proprio in questi giorni sto pianificando, mi sto creando aspettative, e sto cercando di evitare errori e autosabotaggi (sembra che stia andando bene!) Bello questo consiglio: “Per questo, ovviamente, occorrerebbe predisporsi ad uno stato di attesa fluida, intuitiva e per niente ansiosi di possedere il dominio su tutto”

    • Rebecca Montagnino ha detto:

      Grazie Marco..:)Mi hai ricordato una cosa che mi permette di aggiungere un ulteriore riflessione. Anni fa quando iniziai a fare il Dams, che purtroppo non proseguì, presi due punti in meno ad un esame proprio per questo. Studiando L’amour fou di Breton omisi dalla lettura “consapevole” un particolare: che quello che vuoi comunque non sempre lo ottieni al momento giusto per te, quanto al momento in cui assume un significato nel tempo. Anche quando meno te lo aspetti, quando non te lo aspetti più o quando la forma che si realizza non era quella desiderata inizialmente. La frase che ti ha colpito trova quindi maggiore conferma.
      Grazie ancora..

  2. Marco Della Verde ha detto:

    Felice di averti ricordato una passata omissione XD
    Sì, un po’ come il concetto del seguire la sceneggiatura che ci siano scritti, o meglio di come sia meglio non seguirla, rimanere aperti alle opportunità, magari lavorando su se stessi costantemente così da farci trovare preparati quando l’occasione giusta e imprevista si presenterà.
    Un’altra idea che mi piace è alla base del sistema di pensiero di Alestair Crowley: “Fai Ciò Che Vuoi sarà tutta la legge”, diceva questo simpatico mattacchione. E mi colpisce come tutto sia maiuscolo, e per me quel Vuoi non significa “fai un po’ come c@#$o ti pare” ma “scopri cosa Vuoi veramente, e fallo”, anche tenendo in considerazione il minaccioso detto “attento a ciò che vuoi, perchè è quello che otterrai”.

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