I MILLE VOLTI DELL’EGO

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Tempo di lettura: 7 minuti

David Tozzi

In questo momento mi sembra assurdo parlare di qualcosa che esuli da quello che sta accadendo nel mondo, ogni parola al riguardo mi sa di retorica e banalità; non ci sono parole probabilmente per descrivere l’attuale orrore e disgusto per le guerre e le atrocità, per le libertà strappate e le terre predate. Così come non c’è posto alla riflessione davanti al silenzio e dell’indifferenza di chi si gira e fa finta di niente…

Fare l’ennesima analisi psicologica della guerra? Non mi sento di averne le competenze, in questo momento difronte a ciò che accade sono impotente di fatto e di parole e rischio solo di cadere in un eccesso di emotività.

Sembra che ci si svegli da un incubo in cui si scopre che l’uomo può essere così malvagio. A questo livello non avrei creduto nemmeno io, non dopo secoli di civiltà semmai tale era; non posso dire tuttavia che la crudeltà dell’uomo mi arriva come una sorpresa.

Parlando da anni di narcisismo, di un ‘empatia che stava sparendo, dei pericoli dell’ego, della violenza senza rimorso, dei pericoli soprattutto nel sottovalutare tutto ciò, ho visto salire progressivamente un’onda di follia collettiva incontenibile.

Come diceva Freud nel saggio Disagio della civiltà, 1930 ” : ..“effettivamente questi nostri concittadini del mondo non sono per nulla caduti tanto in basso quanto supponevamo e ciò per il semplice fatto che non si trovano prima alle altezze che avevamo immaginato”. E sembra scritto ieri, perchè piaccia o no, certi istinti nell’uomo non verranno mai frenati dalla civiltà.

RICONOSCERE L’EGO

Siamo soliti identificare l’Ego ipertrofico quando si presenta attraverso una personalità dominante, manipolativa, egocentrata, aliena di empatia, quando in qualche modo i suoi tratti sono abnormi. In questo momento storico politico, siamo circondati da figure follemente egocentriche, che proprio perchè si palesano in modo così arrogantemente disumano, compiaciuti del loro potere, con la sola volontà di umiliare o schiacciare le vite altrui, che facilmente ne riconosciamo la Patologia .

Il fatto è che percepiamo tutto ciò solo quando assume connotati immensi e distruttivi e a volte lo percepiamo troppo tardi, ad esempio dopo le elezioni o dopo che un tiranno ha sterminato un popolo come stesse giocando a risiko.

Perchè non è stata riconosciuta prima o peggio perchè in molti vi si sono identificati? E perchè continuano a farlo? Restiamo immobili difronte al male, senza considerare che esiste da sempre. Senza considerare che la civiltà rende le persone adeguate ma non per questo civili, come afferma sempre Freud

LA SUBLIMAZIONE DELL’EGO

Non è questione solo di Ego…Non sempre possedere un Ego dominante è patologico. Nel mondo dell’arte un Ego smisurato può dar vita al Genio; in questo contesto la grandezza umana ha una sua giustificazione in quanto necessaria per la spinta creativa, specie quando crea una frattura nel pensiero corrente.

Difficilmente senza un Ego del genere certi artisti sarebbero riusciti a compiere certe imprese, ci deve essere un lato posseduto ed ossessionato per arrivare a produrre opere intramontabili, in qualsiasi campo artistico. Pensiamo a Nureyev, Picasso, Nabokov, Wagner, Niki di Saint Phalle, nessuno negherebbe la loro natura accentratrice ed egocentrica, ma “l’uso” è completamente diverso, non solo non è stato distruttivo, ma anzi è un lascito per l’umanità intera.

L’arte permette in tal modo di sublimare l’Ego, in quanto lo mette al servizio di qualcosa di più grande, più nobile. Se l’opera viene fatta solo per fini personali, ciò che arriva è sterile; l’unica maniera per l’artista per esprimere la sua grandezza, è perciò quella di trascendere il suo mondo soggettivo.

NARCISISMO ED EGO. il bisogno di assoluta attenzione e grandiosità nasce anche nell’individuo qualunque; anzi la massima aspirazione da vent anni a questa parte, è diventata la celebrazione dell’Ego ( spesso senza avere nulla di geniale).

Tale esaltazione è diventata la norma. Se da un lato sappiamo questo appartenga ad una struttura narcisista, non limita la sua manifestazione. Se avessimo incontrato gente farsi i selfie trent anni fa, probabilmente avremmo riso. L’informazione purtroppo non cura chi lo possiede e un comportamento impiega poco da assurdo che sia, a diventare normale.

Definiamo un disturbo di narcisismo quando una persona vuole sempre avere ragione, è drogata di accettazione e perfezionismo, malata di orgoglio, incapace di mettersi in discussione, quando teme le critiche ed esige sempre la scena, quando non prova empatia o rimorsi. Deve quindi essere presente qualcosa che ferisce gli altri.

Percepiamo la presenza di un disturbo o un problema di Ego, solo quando sale un gradino più alto del semplice ricercare l’attenzione ed essere egocentrati. Ma se ce l’hanno tutti quest attitudine, è ‘ ancora percepibile?

Il MONDO DEI BUONISTI Tale lato disturbato rimane sommerso e cieco soprattutto alla visione di chi vorrebbe un mondo tutto buono, fatto di fate e fatine, in cui non ci si debba prendere l’onere di vedere le persone per quello che sono, specie quelle che che abbiamo eretto come parte delle nostre relazioni affettive (o che ce le ritroviamo per nascita), così da non dover agire di conseguenza. La non consapevolezza porta sempre l’intramontabile piacere della deresponsabilizzazione.

Lo stesso pacifismo reca in sè il pericolo di cancellare situazioni che non ci appartengono o che non ci piacciono, escludendo così dalla coscienza, la capacità di riconoscere che comunque appartengono ad altri.

Questo buonismo permette di andare avanti in un quieto relazionarsi finchè le situazioni non assumono un connotato spiacevole o tossico, permettendoci così di restare nella soglia protetta della nostra mediocre zona confort. A volte arriva il giorno della verità, a volte si può restare una vita nel mondo dei balocchi.

A volte il fascino che queste personalità narcisiste emanano, riesce persino a superare gli aspetti meno spregevoli, persino a discapito di sè stessi.

l’EGO E LA VITTIMA C’è un altro lato però dell’Ego che vediamo meno e che questo buonismo ci porta a negare, c’è un forma di problemi dell’Ego che riguardano esattamente quel lato che meno penseremmo ne sia parte.

Matteo Pugliese

Eckart Tolle ne parla quando introduce il concetto di ego del vittimista. Anche chi non è per natura narcisista, può a seguito di danni più o meno forti percepiti o realmente subiti, inoltrarsi nel leggere piano piano la realtà intorno come amena e persecutrice, fino a farne la sua realtà.

La tendenza a sentirsi sempre attaccati, criticati, non considerati, può portare lentamente l’Io di chi ne soffre, ad avere un Ego che si ammala. Si finisce per essere talmente centrati ad osservare le proprie perizie, da perdere l’empatia, gonfiando le proprie vicende che iniziano a creare una sorta di attrazione a caccia di ingiustizie. Il perseguitato se non molla quest’atteggiamento, può finire in un vortice che alcuni definiscono come la sindrome di calimero, dove gli altri hanno sempre torto, fanno sempre male, e noi siamo sempre vittime.

Quest’atteggiamento vittimistico che prende il nome chiaramente dal personaggio di Calimero, comprende una visione sfortunata di sè stessi, come se si fosse sempre colpiti da sventura e dalla cattiveria altrui. E’ la sindrome dell’incompreso

La nostra cultura purtroppo è un pò impregnata da questa visione; ci si crogiola in questo stato, ci si autocompiace nel lamento, al punto da non considerare il pericolo che si corre nell’incastrarsi in questo ruolo-

Oltre al non prendersi le dovute responsabilità dei fatti si crea un vortice per cui la nostra attenzione viene ammagliata sempre più da situazioni simili, che poi si concretizzano . (La legge dell’attrazione e profezia che si autoavvera)

I RISCHI DI CALIMERO Ora se questo inizialmente parte da un’analisi anche realistica dell’accaduto, è il tempo speso a crogiolarsi dentro, il rimurginare su questo che alla fine devasta e blocca la persona in una lettura univoca dei fatti, che presentano sempre lo stesso copione. Oltre a danneggiare la propria salute fisica e mentale, quest’atteggiamento diviene come una nube tossica che intacca anche coloro che stanno intorno.

L’ auto lamento potrebbe essere spostato e direzionato in altro modo; attraverso una sorta di per-dono, bloccando il loop mentale una volta preso atto dello schema .

Con grande difficoltà e di rado viene scelta questa via, sebbene sia disagevole e faccia vivere nel malessere, la lamentela erige a vittima attraverso una forma di protagonismo e di identità non attaccabile dall’esterno.

SCEGLIERE LO SCENARIO. Ecco ciò che avviene nella vostra testa. Immaginate in qualche modo che davanti a voi proiettate una scena della vostra vita, decidete quali parole usare, quali gesti, ne scrivete il copione. Se puntate la luce solo su ciò che vi ha ferito, quella luce diviene il focus da cui parte il resto e il resto intanto viene sbiadito. Per questo è importante scegliere ed essere consapevoli a cosa diamo luce, se al lamento, al rimurginio su quello che ci hanno fatto, sulle ferite subite o se una volta compreso l’accaduto e chi abbiamo davanti e compreso che il procrastinare di quello stato nuoce solo a noi in fondo, scegliamo di scappare di il più rapidamente possibile da quei pensieri. (Creare resilienza)

Questo per non rimanere aggrappati al male subito, per evitare di diventare un vittimista, rovinarsi la vita diventando protagonista delle male-fatte altrui. E aggiungerei evitando di provare piacere per l’attenzione che si riceve dal protagonismo del male.

In qualche modo il pietismo o compassione può diventare un modo per manipolare gli altri ed esentarci dal trovare soluzioni; sebbene agisca come un massacro della dignità, resta un modo molto comodo in cui vivere

Questo livore inoltre può aumentare come una palla che rotola e diventare sempre più grande, fino a portare a reazioni enormi, a sete di vendetta. E forse anche qui i fatti che accadono ogni giorno nel mondo, come gli omicidi nelle scuole, i femminicidi, ci mostrano esseri con un Ego immenso e un senso di rivalsa covato nel tempo, che si assumano il diritto di vendicarsi in modo atroce e senza nessun rimorso.

La sofferenza dell’Io aspira in genere ad una rimarginazione che la spenga, mentre una sofferenza dell’Ego/orgoglio resta attiva. L’ego è quell’eterno bambino capriccioso, l’Io è il bambino che ad un certo punto diventa adulto.

Nel nostro piccolo, per evitare che anche una goccia di altro odio, vendetta, ma anche solo di rabbia si sparga intorno, possiamo o dobbiamo forse, impegnarci e imparare a staccarci ad un certo punto dal nostro Ego.

C’è un libro bellissimo da cui hanno tratto un film bellissimo che mi viene in mente “non avrete mai il mio odio”, tratto dalla storia di un giornalista la cui moglie morì durante l’attentato al Bataclan. Invece di restare attaccato all’odio come sarebbe stato facile accadesse, decide di andare oltre affinchè la sua vita e quella di suo figlio non venga distrutta dal male subito. Se pensiamo che si può arrivare a questo, credo che molti dei torti subiti in una vita normale, possano ancora di più essere lasciati andare.

SE NON NEL MONDO IN NOI STESSI

Trovo che due aspetti dell’assertività sono in tal senso di grande aiuto. Divenendo consapevoli del proprio Ego e imparando ad autoregolarlo possiamo; riconoscere che c è differenza tra ciò che è un nostro desiderio e ciò che è un nostro diritto. Con un equo esame della realtà e modulando le nostre aspettative, riusciamo ad abbassare il nostro bisogno di risarcimento, la pretesa che qualcosa avvenga solo perchè lo vogliamo.

Se restiamo affetti da bisogno di accudimento e attenzione, non svilupperemo mai le nostre risorse e spenderemo quel tempo ad accusare chi e quello che non abbiamo.

Il secondo aspetto è che magari essere assertivi ci insegna a metterci in contatto con i nostri bisogni, ad esprimerli, insomma ad essere integri e non passivi-aggressivi, bilanciando il rispetto e tra noi e gli altri.

Per noi e per gli altri. Alla fine dallo spostarci dall’Ego ne ricaviamo un senso di sollievo e più spazio per accogliere gli altri: zittire la voce interna dell’Ego ci rende liberi.

Allora questo piccolo sforzo di liberazione interiore può fare più di tante manifestazioni, non siamo più imprigionati in noi e per noi stessi, ma liberiamo energia da restituire al mondo.

Rebecca Montagnino

io

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Una risposta

  1. Marco DV ha detto:

    Parole Sante, almeno per me!
    Mi sento immerso in un mare di razionalizzazione dell’abominevole, dove i peggiori vizi (l’egoismo, la superbia, la diffidenza) vengono ormai definiti virtù.
    Come italiano sono cresciuto in una cultura chiara fondata da due solidi pilastri: Costituzione antifascista, pacifista, democratica, che ripudia la guerra, valorizza la giustizia, stimola l’accoglienza; e (rullo di tamburi…) Cristianesimo.
    Mi sembra che al cuore di entrambi questi pilastri si trovino i princìpi che io ritengo necessari per almeno provare a vivere moralmente: umiltà, solidarietà, compassione, consapevolezza.
    Princìpi che si trovano in molti altri sistemi di pensiero: sembra esistere un po’ ovunque, nello spazio e nel tempo umani, un chiaro messaggio che, se ascoltato, può portare a uno stile di vita sano, la mappa di un percorso che tramite l’autoconsapevolezza, del proprio bene e del proprio male, porta alla purificazione e alla metamorfosi.
    Ed è questo messaggio che mi sembra oggi sia andato smarrito.
    La nostra cultura occidentale, italiana, non è secondo me in pericolo perchè attaccata dall’esterno, da altre filosofie e religioni e culture, ma perché in così tanti abbiamo rinnegato i messaggi alle radici della nostra storia, espressi con chiarezza e semplicità nella nostra Costituzione e nelle parole di Gesù e dei grandi pensatori e mistici che lo hanno preceduto e succeduto.
    E la bellezza dei Vangeli e di altri scritti Cristiani, che a mio avviso hanno lo stesso valore di tutte le altre belle filosofie e religioni e scienze umane del mondo, è che appartengono da sempre alla nostra cultura, contengono un linguaggio nel quale (perlomeno come italiani), siamo immersi dalla nascita, un messaggio di amore, fratellanza, rispetto.
    Sono giusto alla conclusione, almeno per il momento, che in quanto individuo, impotente e ignorante di fronte ai grandi problemi globali, voglio concentrarmi solo su una cosa: fare del mio meglio per smetterla di razionalizzare e giustificare e praticare il male, di dibatterne le motivazioni e i benefici, e affidarmi con la massima umiltà per me possibile ai semplici precetti alle radici della mia cultura, a quella ricerca pura e magari anche ingenua, del Bene.
    Questo, credo, posso e voglio fare, questo può essere il mio contributo al tentativo di realizzare un mondo che non sia più così folle.
    La mappa è lì, nella psicologia del profondo, nella mitologia, nella filosofia, nelle religioni, e tutti i giorni nelle innumerevoli chiese che costellano le nostre città, e nei milioni di copie dei vangeli che possiamo trovare nelle nostre case, che narrano la storia di un uomo, Gesù, che ha dato tutto sè stesso per diffondere il semplice messaggio che ciò che conta è l’amore, la speranza, il Bene.
    Non so se un ritorno consapevole e maturo alla religione (nel caso di molti italiani la religione Cristiana) possa veramente essere l’antidoto a questo male diffuso e contagioso, ma è uno strumento che è a portata di mano, facilmente accessibile, impresso nel nostro inconscio per ovvi motivi geografici e culturali, ricco di precetti in grado di dare una direzione benevola e civile al pensiero collettivo, un punto di accesso popolare, e culturalmente facile da accettare, alla disciplina della crescita personale.
    Capisco la resistenza a esso, il discomfort che crea nell’epoca contemporanea avvicinarsi a un sistema filosofico che in molti siamo abituati a ripudiare e deridere. Ma il messaggio che oggi emana dal cristianesimo mi sembra essere molto in sintonia con i princìpi e i valori che ritengo siano necessari per vivere una vita giusta.
    Sì, la religione è l’oppio dei popoli, ma anche il nutrimento spirituale dei mistici, ed è fortissima in me la sensazione che occorra un miracolo per cambiare rotta e ritrovare speranza.
    Un abbracio!
    -Marco

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