Una trappola per Narciso

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Di personalità narcisistica si è ricominciato a dibattere parecchio soprattutto in correlazione alla recente giornata contro la violenza sulle donne. Chiariamo subito che non necessariamente e fortunatamente (visto l’alto tasso nella popolazione) chiunque soffra di questo disturbo è pericoloso, i gradi di narcisismo come vedremo variano moltissimo ed i motivi alla base dei femminicidi sono molto complessi. Sicuramente come ogni disturbo di personalità quello narcisistico appare o diviene più consapevole nei rapporti di coppia, perchè chi vive la relazione con l’altro solo in virtù della soddisfazione dei suoi bisogni e per la sua immagine, difficilmente riesce a provare sentimenti che non siano egocentrati.

Una costatazione però che sta divenendo sempre più concreta dalla valutazione delle personalità di coloro che commettono femminicidi, spesso soffre di questo disturbo in modo grave; il rifiuto o l’allontanamento dell’ex è una ferita insanabile per chi ha tale patologia che può portare, nei casi più gravi, anche al ricorso alla violenza.

IL NARCISISMO NEI LEGAMI AFFETTIVI Senza arrivare agli omicidi sappiamo quanto la violenza fisica e psicologica sia ancora molto diffusa in tanti rapporti di coppia, spesso sottaciuta, non denunciata, persino non confidata alla cerchia di relazioni più vicine, per paura di restarne vittima ma anche per timore di dover allontanare quella persona, perchè pericolosa dalla propria vita. I sentimenti che bloccano sono sia la paura che la vergogna, il narcisista a sua volta ha bisogno in genere di due tipologie di donne: o una che ha il suo stesso problema anche se in chiave opposta e una che soffre di dipendenza affettiva.

Se aumentano perciò i casi di maltrattamento, di abuso, dobbiamo realizzare che prima di tutto aumentano i casi di disturbo narcisistico all’interno della popolazione e pertanto oltre ad interrogarci come già fatto numerose volte sulle sue origini, dobbiamo sensibilizzare, informare, sensibilizzare, informare senza sosta per aiutare a riconoscerlo e non ultimo, per portare chi ne è affetto a consapevolizzarlo chiedendo aiuto. Non arrenderci al fatto che sia nella così definita era del narcisismo, proprio perchè come diceva Lowen, una cultura malata produce inevitabilmente individui malati.

UNA REALTA’ EGOCENTRATA Al di là di questi casi estremi, sappiamo che un grado di narcisismo è più o meno presente in ognuno di noi, un livello minimo di narcisismo lo abbiamo tutti, in quanto una minima dose è “normale”. La gravità si conclama con sintomi che chiaramente variano a seconda delle caratteristiche della personalità narcisista: vedremo infatti che ci sono diverse tipologie e di conseguenza anche il disturbo presenta una gravità variabile. Solo che talvolta è proprio questa varietà e la sua vasta diffusione, che lo rende meno riconoscibile, soprattutto all’inizio di una relazione.

Un livello di narcisismo è presente e funzionale già nel bambino in quanto lo aiuta a sviluppare il senso dell’Io, l’amore di cui vive è un sentimento che lo fa sentire al centro del mondo dei suoi caregiver. Il senso di egocentrismo dovrebbe progressivamente abbandonarlo con la crescita, questo per favorire la nascita del senso dell’Altro, sia per permettergli di confrontarsi con il mondo ed avere una visione della vita meno egocentrata. Diviene importante ad un certo punto della crescita, acquisire la capacità di leggere gli eventi non solo attraverso il proprio punto di vista, ma spaziando oltre al proprio Sè, in angolazioni meno soggettive e più obiettive. Questa lente più ampia infatti è necessaria per saper leggere il mondo, le relazioni con gli altri e non valutare tutto in modo eccessivamente soggettivo.

Adottare la filosofia dell’apparire e trasformarla nella propria fede significa correre lo stesso rischio di Narciso che, innamoratosi della propria immagine riflessa in un lago, cadde in acqua e annegò per averla voluta contemplare troppo da vicino. Il pericolo, quindi, è quello di credere di essere il centro dell’universo, e dimenticare che intorno a noi vi è un mondo popolato da altri esseri umani. Aldo Carotenuto, Il gioco delle passioni, 2002

LA COMPRENSIONE DELLA REALTA’. Comprendere che ognuno ha un mondo a sè e che per accedervi, occorre scostarsi dal proprio centro, è parte integrante del processo di differenziazione dell’individuo. Senza tale operazione diviene ardua la conoscenza di ciò che circonda e ancora più ardua l’empatia. Scoprire la dimensione dell’Altro significa iniziare a rispettarlo, ad ascoltare i suoi bisogni, abbandonare quello che Freud definiva il principio di piacere ed entrare nel principio di realtà. Questo passaggio è fondamentale perchè è il passaggio dall’attenzione egoistica ed univoca alla propria persona, alla considerazione e al coinvolgimento del mondo esterno nel proprio mondo interiore.

Continuare ad investire sull’Ego rende l’Io ipertrofico, mentre all’interno resta il vuoto. La realtà rimane appesa al soddisfacimento del proprio piacere e alla considerazione solo del proprio Io.

In un’era narcisista la creazione di un Immagine domina sulla creazione di una personalità e di una sana autostima che viene confusa sovente con l’Ego. Le parole stesse lo definiscono e rivelano l’impossibilità di costruire un Io sano; come posso costruire un’auto-stima se sono imprigionato dal bisogno e dalla caccia di continua accettazione altrui? Se vivo per gli altri, mi plasmo a ciò che ritengo sia importante per loro, perdendo di contro la mia auntenticità.

EMOZIONI FUORI CONTROLLO Se si è incentrati sulle attenzioni degli altri, l’accesso al proprio spazio emotivo, per non parlare della sua espressione, viene bloccato. Uno dei grandi problemi del disturbo narcisistico è infatti la costituzione di un muro tra l’Io e le emozioni, ritenute scomode perchè divenute l’ultimo baluardo dell’impulso: l’ ipotetica e temuta dimostrazione della propria umanità e della propria vulnerabilità.

Anche a causa di questa chiusura probabilmente, l’acting out di emozioni folli, di gesti folli, avviene più sovente; bypassato il loro ascolto, le emozioni a quel punto irrompono fuori senza più un argine di controllo.

Viviamo nell’era dell’immagine, non delle emozioni infatti. Per quanto sono anni che ho contatti quotidiani con il disturbo e ne vedo le conseguenze, non mi capacito ancora di come si possa essere arrivati ad un punto in cui il recidere le emozioni sia qualcosa di così frequente, normale e spesso addirittura esibito con fierezza. Le emozioni non sono solo stati d’animo, ma ci insegna Lowen e ci confermano le neuroscienze, sono risposte fisiologiche e reazioni chimiche ad un fatto, nate per aiutarci a sopravvivere, indicative di qualcosa che non ci fa bene o di qualcosa che ci fa star bene, sono segnali fondamentali per muoverci nel mondo. Senza fatichiamo a scegliere, senza ci intrappoliamo in situazioni nocive senza esserne consapevoli, perchè non “sentiamo” dentro ciò che avviene fuori.

LA DROGA DEL PEFEZIONISMO.

Come vedremo uno degli effetti del narcisismo considerato “più sano” (per approfondimenti https://www.stateofmind.it/2021/11/narcisismo-sottocategorie/ ), è il bisogno di essere performativi e quindi la determinazione a raggiungere i propri obiettivi. Talvolta il bisogno nasce soprattutto per dimostrare qualcosa agli altri e la leva motivazionale del consenso, crea il carburante per spingere. Non a caso troviamo questo disturbo spesso associato con il workalcoholic ed oggi che viviamo nell’idealismo della produzione, il fenomeno non può che accrescere.

La caparbietà che ne deriva, si insinua come un benessere apparente ed un “bene” soprattutto per chi di questo ne approfitta nel mondo del lavoro; al narcisista se gli si paventa la possibilità del riconoscimento della sua eccellenza, si può ottenere tutto da lui. Uno dei suoi meccanismi privilegiati di difesa è infatti l’onnipotenza, per cui ama dare l’idea di essere perfetto ( e qui sta la trappola), di potere tutto, sopravalutandosi e sottovalutando gli ostacoli che incontra.

E’ disposto a qualsiasi cosa, per questo si affanna e corre come un criceto sulla ruota. Al lavoro se tollera poco la frustrazione e meno ancora le critiche, si irradia all’eventualità di un applauso, di un bravo, vendendo la sua vita, il suo tempo libero, esaltandosi dei propri successi; la parola sua preferita è SUCCESSO, la parola che più lo disturba è FALLIMENTO. La prima esalta la sua immagine, la seconda la cancella, la sgretola come nel ritratto di “Dorian Gray”o almeno mette a rischio l’eventuale delusione della sua identità non reale, costruita sulle aspettative create nell’altro.

Come Icaro perciò ha la presunzione di saper andare oltre le umane aspettative e vola talmente alto da bruciarsi spesso con il sole.

LA CADUTA DEGLI DEI. Questa dinamica la conoscono bene e la usano infatti moltissimo nel mondo del lavoro: chiedere di più ad un narcisista fa leva sul suo bisogno di innalzarsi, minacciare la critica e la delusione lo porta all’annientamento. Lui si lascia facilmente esaltare, dapprima fiducioso dei suoi skills, lusingato dai riconoscimenti poi. Nel frattempo la posta si alza, si alzano le richieste, le ore di tempo regalate al lavoro e il senso di insostituibilità e di indispensabilità fanno il resto. A quel punto è facile cadere dal piedistallo, accorgersi tardi degli anni spesi a lavorare.

Non è solo la minaccia e la paura di perdere un contratto, spesso sotto c’è un bisogno più sottile che chi gestisce il mercato dei suoi dipendenti, sapientemente sfrutta a suo vantaggio. E in apparenza il vantaggio è reciproco: chi cerca le attenzioni deve correre dietro a qualcosa o qualcuno che forse gliele darà, accrescere il suo potere, la sua fame di elogi. Questo circolo vizioso mette in luce un altro meccanismo che fa scattare il narcisista: la sfida. Essere performativo, competere lo fa sentir un pesce nell’acqua. Anche la sfida di sopportare, di oltrepassare le dimensioni dell’umano, il divenire sovra umano in qualche modo gli appartiene. E bene oltre i limiti fisici, psicologici, che si sposano infatti facilmente con il suo perfezionismo.

LA SFIDA E’ SOLO UNA TRAPPOLA

Un altro aspetto fondamentale è che queste due figure, Narciso ed Eco, rappresentano al tempo stesso due estremi fra loro apparentemente incompatibili, ma anche scissi internamente. Eco è la figura della pura alterità: il non poter comunicare liberamente la costringe a ripetere solo l’ultima frase di chiunque senta parlare e l’impossibilità ad esprimere il proprio amore la porta a consumarsi fino a morire. Narciso è la figura della pura, totale identità, il riflesso di un amore che non sarà mai ricambiato, quello per sé stesso, che lo porta alla stessa morte di Eco. .Aldo Carotenuto,Il gioco delle passioni _i

Per tornare al discorso iniziale spesso è proprio la sfida della sopportazione che si cela dietro all’accettazione di certi comportamenti disturbati nella coppia. Troppe volte ascolto racconti dove si marginalizza il pericolo di atteggiamenti di bombing (o love bombing con cui si intende l’insieme dei bombardamenti atti a manifestare l’interesse per qualcuno con i fini di influire su di lui) prima e di gaslighting (manipolazioni con cui si tacciono certe informazioni per deformarne la realtà) dopo, troppe volte ci si lascia adescare per puro bisogno di riconoscimento nella rete virtuale, per finire in una rete di stalking. La sfida è solo una trappola

Il sentire che si potrà cambiare qualcuno, anche a costo della propria vita, nasconde un senso di onnipotenza sebbene più triste e mortificante che viene agito in un comportamento opposto a quello di Narciso, nella sindrome di Eco (già citato in un post nel 2016 con un video che vale sempre la pena rivedere).

https://www.repubblica.it/moda-e-beauty/2021/11/23/news/psicologia_come_riconoscere_uomo_nacisista_seriale_dipendenza_affettiva_cause_rimedi_libro_la_principessa_che_voleva_amare_n-327394018/

Il lavoro da fare è una rieducazione molto più ampia, più sociale e culturale, perchè finchè si riterrà questo disturbo solo come une delle caratteristiche di quest’era, se ne sottovaluteranno le enormi implicazioni, che si hanno nell’individualismo, nella perdita dell’altruismo, nella costruzione di visibilità più che di solidità, nel distacco pericoloso dalle proprie ed altrui emozioni. Nel ridefinire valori più sani, più umani rispetto al perpetuare la superficialità che vige oggi. Nel sottolineare che conta di più investire per curarsi l’anima, che curare l’aspetto esteriore, anche solo perchè se il primo passa, il secondo resta.

Rebecca Montagnino

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