LA CONDANNA DEL PERFEZIONISMO

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Il desiderio di perfezione è la peggior malattia che abbia mai afflitto la mente umana” Marchese Louis Fotanes 1751-1821

Se ci fosse un girone dei perfezionisti, quale sarebbe la loro espiazione? L’immagine che mi viene è un qualcosa simile al mito di Sisifo, che porta un enorme masso spinto e raccolto senza tregua, senza potersi mai fermare e quel masso contiene la loro identità… mentre corrono non hanno tempo per potersi mai guardare, nè allo stesso tempo essere realmente guardati.

Ma esiste un perfezionismo sano? Sembra di no, almeno da un punto di vista psicologico. Per molto tempo questo tema è stato dibattuto al fine di comprendere se alcuni parti del perfezionismo potessero essere ritenute positive ed efficaci. “Apparentemente” lo sono, in quanto il perfezionista si sente costantemente alla ricerca di qualcosa di grande: ambisce, nel senso che brama la grandiosità e si protende per arrivarci. Ma ambisce non per migliorare, per accrescere qualcosa, lo fa per la paura di sbagliare o di sentirsi sbagliato, è perennemente a caccia di sfide, obbligato come un dannato dell’inferno a cercare consensi, a essere performativo e a nascondere i suoi eventuali difetti. Con il risultato di provare un’ illimitata insoddisfazione, un costante senso di vuoto e il timore che la sua inadeguatezza possa essere prima o poi visibile agli altri.

Sembra sano se consideriamo che la corsa verso questi falsi valori sia diventato un fenomeno endemico e lo sembra a chi scambia questo stile di vita estenuante come una capacità maggiore rispetto agli altri di raggiungere i suoi obiettivi. In realtà non è che una compulsione cercare sempre altro, acchiappare una soddisfazione che è sempre evanescente; anche quando gli obiettivi da raggiungere sembrano “sani”, nascondono un insieme di doverizzazioni interiori implacabili. Un esempio lo possiamo avere con una sana abitudine come lo sport, che quando diviene perfezionismo/dimostrazione/esibizione, diviene un non tener conto dei reali bisogni del corpo, facendo predominare l’aspetto challenging anche con sè stessi. Il perfezionismo pertanto potrebbe essere letto come un’estremizzazione in cui tutto viene esasperato, dove non cè tempo per il piacere e la spontaneità, tutto è tiranizzato

CARATTERISTICHE DEL PERFEZIONISMO:

  • Necessità per essere o sembrare perfetti
  • Equiparare la stima o il valore con la perfezione e l’impeccabilità
  • Punizione in caso di fallimento, nessuna soddisfazione o punizione per il successo
  • Ricerca e mantenimento di aspettative non realistiche
  • Costruire il sè e il mondo in termini di valutazione

I BISOGNI DEL PERFEZIONISTA. Tra i vari bisogni che il perfezionista occulta attraverso il suo comportamento e che sono necessari da trovare per uscire da questo disagio ci sono:

bisogno di approvazione

bisogno di appartenenza

bisogno di condivisione

bisogno di considerazione

IL PERFEZIONISMO E LA SANA COSCIENZIOSITA’ Oggi tutti vogliono sentirsi importanti, sono super performativi, competitivi e vogliono disperatamente il successo. Da quando è nato il consumismo la corsa si è sempre più accelerata, tanto da divenire normale, cercare spasmodicamente la perfezione un pò in tutto.

Questo disturbo è stato ed è ancora oggi, uno degli argomenti di ricerca e di lavoro di Paul L.Hewitt e S.Mikail , psicologi esperti in materia, con cui ho fatto di recente un corso davvero interessante. Secondo loro per definire il perfezionismo dobbiamo vederlo come uno stile personale, nel senso che questo problema finisce con presentarsi come un atteggiamento dominante del soggetto in molte sfere della sua vita. Non è solo un comportamento quindi, ma una serie di convinzioni che guidano la persona sia da un punto di vista intrapersonale che interpersonale, installandosi nell’identità. Quando parliamo di perfezionismo quindi ci riferiamo ad un insieme di atteggiamenti cognitivi e a stili relazionali in cui i veri bisogni sono soffocati e al posto si crea nel tempo una corazza adattiva estenuante.

Il disagio consiste nel bisogno non tanto di essere perfetti, quanto di apparire tali, facendo equiparare la stima e il valore alla perfezione. Se da fuori non si vede, interiormente questa valutazione costante nasconde la paura di fallire, ben diverso dalla sana coscienziosità. In quest’ultimo caso è importante si arrivare all’obiettivo, ma non è un dramma non riuscirci, non interviene l’ombra minacciosa di fallimento.

I perfezionisti mostrano attraverso il loro stile, un’impeccabile padronanza di sè. Solo dentro sanno quanto tempo ed energie devono investire per asservire la paura di mostrarsi fallati o fallaci.

Le valutazioni su di sè e sugli altri sono molto rigide e rappresentano allo stesso tempo un meccanismo di difesa: ” se sono perfetto contengo la mia ansia”. Per tale ragione i soggetti con tale disturbo sono difficili da guarire, per loro abbassare il livello del perfezionismo equivale ad alzare quello dell’ansia: ansia ed insicurezza per ciò che sono davvero e per la possibilità che l’estrema vulnerabilità che celano, possa essere vista e giudicata dagli altri.

MODELLI DI PERFEZIONISMO. Esistono al riguardo tre modelli principali : quello autordiretto, quello eterodiretto e quello socialmente prescritto.

Nel primo quello autodiretto o egocentrico, il soggetto è ipercritico con sè stesso ed esige di raggiungere sempre dei risultati notevoli a discapito dei suoi veri bisogni. Il suo intento è di sentirsi bravo, evitando qualsiasi possibilità di imperfezione; spesso il suo scopo principale è quello di assolvere le doverizzazioni che si impone e in questo caso il disturbo di avvicina a quello narcisistico o ad un comportamento evitante. La differenza poi con il narcisismo sta nel fatto che per questi ultimi sentimenti di disprezzo e di rabbia sono più estesi all’esterno, mentre il perfezionista li rivolge su di Sè: ” sono io che non vado bene”/ “non sono all’altezza”

Frequente nel dialogo interiore sono verbalizzazioni autodenigratorie, mentre manca totalmente la capacità di autocalmarsi e autorilassarsi . Le voci interiorizzate possono anche essere degli altri o rappresentare parti del sè . Per arrivare a sposare fedelmente questo modello, il perfezionista costruisce quindi un falso sè, dove al di fuori nella facciata “adattiva” è anche molto funzionale, riservando poi comportamenti di autosabotaggio o autodistruttività che nascondono il disturbo. Ricordiamo infatti che il suo scopo non è tanto di essere, quanto di APPARIRE perfetto.

L’ansia diviene inevitabile laddove questo modello rigido non collima con i bisogni più profondi e spesso rappresenta la ragione per cui i soggetti perfezionisti chiedono aiuto. Il modello è quello di una perfezione ordinata fuori, che non corrisponde affatto a una reale capacità di prendersi cura di sè stessi o di equilibrio. Anzi, essendo la sfida con sè stessi, non intraprendono qualcosa se non sono sicuri di riuscire o abbandonano, quando sentono di non arrivare dove e come vogliono. Perennemente in bilico, camminano tra la voglia di mostrarsi ( e di essere apprezzati per ciò che sono e fanno) e il non mostrarsi per evitare gli eventuali giudizi o critiche.

Nel caso invece del modello eterodiretto, la richiesta di perfezione si sposta sugli altri, con aspettative eccessive su come gli altri dovrebbero essere o dovrebbero comportarsi nei loro riguardi. Il perfezionista diviene facilmente critico e polemico e va incontro a delusioni quando non ottiene ciò che vuole, quando si sente minacciato o criticato; reagisce quindi con over reaction emotiva, rabbia e si allontana. Talvolta il reale bisogno di appartenenza e vicinanza viene offuscato per il timore dell’abbandono e viene coperto da un atteggiamento difensivo sprezzante, esageratamente autonomo o grandioso che ha l’effetto di verificare la profezia auto avverrante o di allontanare gli altri. Il messaggio nascosto è: ” ho bisogno degli altri” celato “da non ho bisogno di nessuno”.

Infine quello socialmente prescritto è un modo di pensare a cosa pensano gli altri di lui ( divenuto tra l’altro un pò il modello di pensiero dominante di questa società) . Più che riflettere su sè stessi, anche a causa dell’uso protratto dei social, diventano schiavi del cercare di capire, anticipare, assecondare, plasmare il proprio Io a servizio di quello che pensano sia la volontà altrui. Il soggetto cerca quindi di essere amabile, gentile per paura del rifiuto o della critica e vive in un perenne stato cognitivo rivolto agli altri. La paura stessa crea il conflitto quindi e il soggetto rinuncia ai suoi bisogni più profondi e alla propria autenticità

“La perfezione non esiste . Comprenderlo è il trionfo dell’intelligenza umana: il desiderio di perfezione è la follia più pericolosa” A. De Musset 1810-1857

LA MANCATA SINCRONIZZAZIONE NELL’INFANZIA. Cosa provoca lo sviluppo di una personalità perfezionista? Credo che i fattori siano di due tipi, i primi derivanti dalle relazioni oggettuali della prima infanzia, la seconda dai condizionamenti sociali predominanti in questo momento storico. Per quanto riguarda i primi, l’imprinting che un bambino riceve dai caregiver nei primi anni di vita, è determinante per il suo sviluppo futuro. Secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby che si basa sul parallelismo tra gli stili relazionali del passato e quelli attuali, possiamo vedere come genitori abusanti o evitanti, possono facilitare la propensione della ricerca spasmodica di ottenere l’approvazione e l’amore genitoriale. La mancata sintonia con le figure di riferimento si ripete perciò anche nell’età adulta: il soggetto costruisce relazioni evitanti o assumendo atteggiamenti freddi di distacco, proprio per non celare il suo bisogno di attaccamento ferito durante l’infanzia. La ricerca di sintonizzazione non avviene infatti sempre in modo lineare, spesso il comportamento esteriore esprime il contrario, ma sotto la scorza rigida e la paura si nasconde la stessa rigidità ricevuta.

Il bambino quindi quando cresce in un clima privo delle attenzioni necessarie, cerca di elevarsi per essere all’altezza delle aspettative genitoriali anche facendosi carico di responsabilità eccessive per la sua età, cercando attenzione e protezione che non trovando, costruisce a suo modo, come può. La ricerca della perfezione in questo caso compensa le frustrazioni e la non considerazione subita.

Al contrario in un altro scenario, il genitore può essere anche adulante, eccessivamente focalizzato sui bisogni del bambino e sul loro soddisfacimento, tanto da creare un Ego grandioso che cerca di nutrirsi della stessa perfezione e per cui il fallimento non è contemplabile. I genitori possono anche essere loro stessi perfezionisti e senza averne consapevolezza scambiare uno stimolo con una richiesta eccessiva e delle aspettative molto forti nel bambino. L’adulto cresce in questi casi, con un lato ipertrofico e un autostima al contempo assai fragile; sospetta limiti e mancanze che per quanto nasconde sapientemente lo possono portare in casi avanzati, a manifestare tratti narcisistici o istrionici

I DISTURBI CONSEGUENTI. Nel caso del perfezionismo le emozioni chiaramente più temute sono quelle della colpa o della vergogna, frequente è presente anche la sindrome dell’impostore, per cui il soggetto sente di non meritare i traguardi ottenuti o ancora è cosciente della manipolazione che mette in atto.

Le doti manipolative possono anche essere sconosciute e inconsapevoli al soggetto stesso, che invece ha stabilito un’immagine di sè come persona funzionale e risolta. Cerca di tenere a bada o meglio ancora lontane quelle situazioni o persone che potrebbero rivelare la sua vera natura, attivando in lui sensazioni di imbarazzo che non sa gestire-

Con scarsa coscienza di Sè e capacità intuitiva è più portato a guardare all’aspetto esteriore o pragmatico della vita, anche attraverso l’allontanamento della sua parte emotiva (il cui ascolto potrebbe riattivare pericolosamente i suoi bisogni di contatto frustrati ) e una eccessiva intellettualizzazione

Talvolta questi soggetti tendono anche a prendersi più incarichi di quello che possono assolvere per continuare a mantenere integra la loro immagine interiore di “bravi bambini”. Se non corrispondono all’immagine nevrotica o se questa non combacia con la realtà si sentono persi e sopraffatti dall’ansia.

Quest’ultima è assai presente in questo disturbo insieme a disturbi dell’umore e della personalità come visto precedentemente. Sovente sono presenti sintomi fisici e tensioni che esprimono il disagio interiore e la cui incongruenza può essere un elemento di utile lettura in terapia. Ciò nonostante va considerato che il trattamento è complesso, sia per le aspettative che nutrono verso sè stessi, che verso il terapeuta e non ultimo per i sentimenti di ostilità che si scatenano quando sentono toccata la loro vulnerabilità. Infine può subentrare il tentativo di sfidare se stessi e l’alleanza terapeutica, riproducendo il modello del bravo paziente, che rischia però di essere solo lo specchio del falso sè .

NEL GIRONE DEI PERFEZIONISTI Con l’abbandono delle parti perfezioniste aumenta il loro stato di ansia, in quanto devono abbassare il livello di obiettivo che vogliono raggiungere e rischiare di esporsi. Verso la fine del trattamento possono esperire anche sentimenti di perdita e lutto: devono infatti in qualche modo abbandonare l’illusione di essere speciali, ridimensionare il loro Ego, andando incontro a possibili fallimenti e toccando la loro vulnerabilità reale. Il non sentirsi mai abbastanza è un spirale molto subdola con cui il soggetto convive da sempre e di cui non è consapevole, la sfida con sè stesso può apparire funzionale quando qualcosa è sempre stata così e quando la società rafforza questi atteggiamenti.

PERFEZIONISMO – SOCIAL

E’ innegabile che quando parliamo di perfezionismo condizionato da fattori sociali dobbiamo considerare l’enorme influenza che hanno avuto i social. Se da sola la società spinge in tal senso chiedendo la massima efficacia, standard elevati che attivano stili più competitivi che collaborativi. ll restante del tempo libero non lo è da meno. La sfida di apparire con un certo status compromette spesso anche il lato economico. L’impennata al ricorso dell’estetica in modo sempre più compulsivo e il bisogno di essere speciali, di sentirsi a proprio agio solo quando il proprio aspetto combacia con i canoni esterni della bellezza, sono un altro elemento del perfezionismo che impatta moltissimo soprattutto nelle generazioni più giovani.

In fondo se vediamo come questo modello sia anche adottato dalle star del cinema che invecchiando non accettano i segni del tempo che passa e come tale atteggiamento sia seguito da chiunque anche che viva una vita normale al di fuori dello star system, non possiamo che presagire le conseguenze. Sono sempre più numerose le ragazze che dietro la loro insicurezza esterna a cui cercano di rimediare con ogni mezzo, nascondono una profonda insicurezza interiore. Anche quando arrivano ad ottenere dei risultati come fossero immagini photoshoppate, non sono mai soddisfatte e pensano di voler cambiare e modificare ancora. Il loro ritratto di Dorian Gray è destinato a lasciarle comunque vuote e in perenne ricerca di consensi, solo per sentirsi di essere a posto. Ma la ricerca del loro posto al modo purtroppo non viaggia su quei canali e rischia pertanto di allontanarle sempre di più dal loro vero Io…

Il delicato filo che divide una sana autostima, un senso del sè capace di empatia e di ascoltare i suoi veri bisogni rinnegati, si confonde con un’impeccabile modo di agire che dal di fuori sembra essere funzionale. L’atteggiamento amabile a trovare l’accordo e l’approvazione degli altri, l’ambizione, il senso di efficacia stritolano la spontaneità fisica ed emotiva della persona. Per cercare la PERFEZIONE si arriva ad un punto di non sapere più chi si è davvero.

La domanda e la ricerca dell’autenticità dell’Io e la consapevolezza sulle emozioni provate è spesso destabilizzante; a volte si inizia con il riconoscere ciò che non si è e non si prova davvero ma solo per compiacere l’immagine creata per sè stessi e per gli altri. La presenza massiccia di questo disturbo inoltre crea la falsa convinzione per cui tale stile è funzionale nella società odierna e che anzi rappresenta un modello d’eccellenza. Specialmente il perfezionismo socialmente prescritto è dilagante e considerato “normale”. Da lavoro alla famiglia, alla vita privata, alle richieste su sè stessi, qualsiasi aspetto della vita viene inquinato dal desiderio di perfezione.

Tutto questo rende il disturbo pur massacrante per chi lo vive, di difficile riconoscimento e soprattutto di un travagliato cambiamento. La condanna è appunto quella di esigere troppo da sè stessi o di vivere costantemente pensando a cosa pensano gli altri, il più delle volte senza differenziare tra la paura e la reale percezione altrui. Ogni mossa, ogni atto viene perciò vagliato con dovizia cercando di anticipare sempre affannosamente le conseguenze, per il timore di essere colti in fallo.

Il coraggio di essere sè stessi se richiede uno sforzo inizialmente, offre poi una meravigliosa e piacevole liberazione alla vita, una leggerezza interiore che ripaga la corazza abbandonata.

Rebecca Montagnino

Se vuoi approfondire il tema partecipa al webinar domenica 20 marzo alle 10,30 via zoom ” Le diverse facce del perfezionismo”

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