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I social media sono davvero il Male?

Ovviamente no sapendoli usare, probabilmente generano male quando stanno “usando” noi o meglio nel momento in cui ci lasciamo usare, quando cioè i fenomeni che attivano avvengono senza che noi ne abbiamo il controllo. Il video di oggi offre varie riflessioni sugli scenari che aprono i social nella nostra vita quotidiana e nel nostro modo di pensare, scenari che convergono però su alcuni situazioni allarmanti in cui l’uso massiccio e quotidiano comporta. Quando facciamo qualcosa con un’alta frequenza diventa abitudine e diminuisce la richiesta di conoscere “perchè” lo facciamo o piuttosto che cosa significa per noi, creando una sorta di normalizzazione: implementano percezioni distorte, che avvenendo quotidianamente attutiscono o ne fanno scomparire la percezione.

Uno dei punti che ho condiviso di più è quando si parla di messa in scena della realtà, per cui quando il privato diventa pubblico sembra non possa immunizzarsi dal modificare, ritoccare la realtà, in cui il “vero” viene in qualche modo sommerso a favore di un’immagine più acclamabile. In questo processo purtroppo viene esasperato da un lato il bisogno d’approvazione, dall’altro il confronto, per cui sembra che le vacanze altrui siano più belle, che l’ex stia meglio di noi, che la nostra amica sia più social o che male come stiamo noi non ci stia nessuno. Tutto di noi viene messo sul banco del mercato in modo inconsapevolmente amplificato e con quest’esasperazione viene alimentata la necessità di giudicare, oltre che di confrontare e anche purtroppo, con la conseguenza di provare sentimenti di invidia. Più o meno questi concetti sono noti. Esiste un fenomeno in crescendo invece di cui non ho trovato ancora molta bibliografia in italiano, definito snap chat dysmorphia, ovvero un bisogno crescente di ricorrere alla chirurgia estetica specie nelle fasce più giovani per migliorare parti di sè che vengono ritenute sgradevoli.

Non parliamo quindi di reali deformazioni quanto di percezioni alterate: solo tra il 2016-2017 (negli Usa nel 2016 20omila sono state le procedure di medicina estetica) il fenomeno era aumentato del 13% e i numeri sono in progressiva crescita. Si parla di rifarsi labbra più carnose, nasi più sottili, seni più abbondanti, senza che ce ne sia un reale bisogno, ricercando una perfezione senza la quale ci si sente inadeguate. Il problema infatti riguarda molto più le donne, per quanto il numero di uomini sia significativo: il numero dei trattamenti è quasi lo stesso e oltre le calvizie, la richiesta prevedono la liposuzione, la riduzione del senso maschile, rinoplastica, lifting del viso dove l’età media è compresa tra i 18 e i 24 anni. Molte ragazze non ancora formate fisicamente non solo hanno già preventivato di cambiare il loro corpo, ma non si accettano per quello che sono. Si formano un ideale interno che cercano di riprodurre esteriormente. Un tempo si andava dal parrucchiere con una pagina di una rivista in mano e si chiedeva un simile taglio di capelli, oggi è il selfie migliore di noi che fa da punto di orientamento.

Il problema dell’accettazione fisica e della percezione sbagliata che si ha per chi usa abitualmente i social, è sicuramente più rischioso. C’è un catalogo su Instagram di quanto siano perfette le altre, che provoca la voglia di fare altrettanto. Si emula senza spirito critico, senza domandarsi se il costo sulla salute o sulla psiche di tali modifiche abbia davvero un senso. Se un tempo questo poteva essere, attribuito, con i suoi limiti, alle celebrità e al mondo della tv o del cinema o della moda, i social hanno reso questo confronto e la sua aspirazione/esasperazione al cambiamento, un fatto di dominio pubblico. https://www.elle.com/it/bellezza-beauty/viso/a30268570/foto-instagram-canoni-bellezza/

Non ci si accetta più “normali”, un desiderio tipico dell’era narcisista è quella di far parte degli “speciali” : il dover ricorrere a cure estetiche in modo ossessivo e compulsivo è ormai socialmente accettato, le stesse mamme a volte condividono la richieste di figlie nemmeno maggiorenni di apportare qualche modifica o incentivano l’atteggiamento con il loro stesso modello. Basta guardare il look estivo, sfrontato, esibito e soprattutto identico nelle ragazze per capire che il gusto personale è stato soppiantato da influenze o influencer esterne. Le foto dei profili proliferano di pose, forzature di atteggiamenti non naturali che oltre ad essere diffuse facendo perdere autenticità ed originalità, mostrano con ostentazione il proprio corpo. Foto che un tempo appartenevano solo a certe riviste, ricercano la spettacolarizzazione del sè, senza consapevolezza anche quando interiormente non si è così. Molto spesso esiste una discrepanza tra la personalità e la creazione dell’immagine, una mancata corrispondenza e invece di cercare di trovare l’immagine più vicina al proprio essere, si diventa l’immagine creata. Questo a scapito di una personalità che vine così nascosta e apparendo sotto forma di stereotipi che non le appartengono. Si creano profili sessualmente appetibili quando ad esempiociò che si cerca è solo un pò di affetto e tanta considerazione.

Ci si omologa ad uno stereotipo di bellezza (senza considerare come questo cambia a seconda del periodo storico, per cui già di per sè non esiste un canone di bellezza assoluto); oggi bisogna esse belli a tutti i costi, anzi perfetti per cui le normali imperfezioni divengono drammi da nascondere o estirpare, bisogna mostrarsi per quello che si vorrebbe essere. L’invecchiamento come lo sfacelo naturale dato da eventi di vita, non deve lasciare segni visibili. Se un tempo si nascondevano le emozioni ora si nasconde la loro espressione.

Ritoccarsi il viso come una foto o come si fa in una foto. E da una correzione si passa all’altra con una facilità estrema, come se il corpo dovesse sempre restare quello che è, confondendo nella sua apparenza un bisogno molto più atavico e profondo che così facendo semmai peggiorerà ma di certo non guarirà: quello di accettazione, perchè forse in primis siamo noi che dobbiamo accettare ciò che siamo, ciò che ci accade e se ci sono insicurezze a confonderci, è sempre con l’introspezione che passa, mai con il bisturi.

C’è, visto e considerato che non tutti ci cadono, la possibilità di usare i social in modo sano, non è vero che si è senza scampo. Intanto rallentando questa compulsione di connessione, questo confronto costante che rende ciechi difronte a quali siano le vere situazioni da cui fuggire, i reali problemi da correggere, accettandosi ancora prima di cercare compulsivamente l’accettazione degli altri, scoprendo che l’originalità e l’autenticità forse sono aspetti da valorizzare ancora di più oggi, come beni preziosi, attualmente in via di estinzione.

Rebecca Montagnino

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