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E’ da un pò di tempo che rifletto su quelli che vengono comunemente definiti “difetti.

Secondo me non esistono i difetti, semmai esistono i meccanismi di difesa. Non si sa di averne, si indossano in un momento e si tengono per sempre o almeno finchè una serie di esperienze non ci portano a riflettere o ad analizzarci. Sono come ali. Solo che con queste non si vola, anzi si resta a terra.

I meccanismi di difesa sono l’unica alternativa che una persona attiva a seguito di uno o più episodi, in genere molto remoti, della sua esistenza. Servono a proteggere come un’armatura da qualcosa o qualcuno che viene vissuto come una minaccia. In seguito quest’armatura diventa un abito incollato addosso, che  allontana la persona  dalla  sua vera natura.

Nascono quindi con una loro utilità, ma finiscono con il diventare disfunzionali, in quanto non sapendo di averne, ma scattando automaticamente, impediscono  di cercare altre vie.

I meccanismi di difesa bloccano l’energia vitale, che se lasciata libera di fluire, condurrebbe ad un’armonia interiore così bella da farci commuovere. Ognuno sarebbe se stesso, non avrebbe bisogno di null’altro, che di ESSERE. Non ci sarebbe bisogno di difendersi, quindi i difetti diverrebbero dei puntini minuscoli ed impercettibili.

Non si avrebbe bisogno di prevaricare l’altro, nè di giudicarlo. La nostra armonia e  le relazioni umane sarebbero la fonte del nostro benessere .

Il consumismo invece, molto furbescamente, ha spinto l’essere umano a cercare fuori questa soddisfazione; si regge pertanto su questo senso di vuoto e di insoddisfazione cronica e sempre crescente, di bisogni effimeri, superflui, facili e comodi. Espedienti reperibili nel “qui ed ora”, veloci ed efficienti. Meno faticosi della ricerca di se stessi, considerata obsoleta, meno impegnativi del nutrire i rapporti a cui teniamo.

Come afferma Bauman nel suo concetto di liquidità, il consumatore deve restare insoddisfatto per poter comprare e quindi appena un prodotto o un rapporto mostra qualche segno di consumo, viene cambiato. O peggio non sappiamo mai in quest’infinità di scelte, se quello che abbiamo non possa essere sostituito da qualcosa di meglio.

Più l’esterno diventa ricco di stimoli, più l’interiorità si svuota. L’insoddisfazione appare più forte, più insopportabile. Più si compra,  più si sposta l’attenzione dall’essenziale.

Diventa un circolo vizioso, un meccanismo che si autorigenera malignamente.

La qualità  nella relazione con se stessi e con gli altri, ovvero i pilastri della nostra felicità, non è mai stata così compromessa.

L’analgesico è diventato la malattia stessa.

A volte sogno, sogno ancora. O spero. Che il mondo prenda velocemente coscienza, che le persone si spoglino dai loro meccanismi di difesa, che si aprano alla vita e agli altri.

Più che comprare cose, comprate esperienze: un oggetto provoca in genere la felicità di un attimo, l’esperienza è qualcosa che dura dentro di noi, anche  per sempre.

E se proprio dovete comprare, compratevi un libro, magari di Bauman…a me le sue parole fanno l’effetto di un thè caldo in una giornata  molto umida e molto  fredda..

 

Rebecca Montagnino

 

 

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3 risposte

  1. mr.crocodile ha detto:

    Hai perfettamente ragione e credo di averlo sperimentato personalmente sulla mia pelle. Quelli che credevo i miei difetti erano dei meccanismi di difesa. La paura di perdere il controllo mi portava (talvolta anche ora ma molto meno da quando ne sono consapevole) ad estremizzare precisione ed organizzazione…

  2. danilaurora ha detto:

    Reb, sei meglio di un libro 🙂

  3. danilaurora ha detto:

    Parafrasando H. Hesse: “Tutte le esperienze del mondo non ti danno la felicità, però in segreto ti rinviano a te stesso. Lì c’è tutto ciò di cui hai bisogno, sole stelle luna. Perché la luce che cercavi vive dentro di te. La saggezza che hai cercato a lungo ora brilla, perché adesso è tua.”
    Hesse ha riassunto il mio pensiero in merito al post… 🙂

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