NON SI TRATTA SEMPRE DI FORTUNA O SFORTUNA, SPESSO SI TRATTA DI SCELTA ‘.

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Ciò che non è assolutamente possibile, è non scegliere” J.P Sartre

La fortuna come la sfortuna è un’ attribuzione di causa agli eventi non spiegabile razionalmente, è un pò come la sorte, il caso. Nell’antichità infatti la fortuna veniva raffigurata come una dea bendata che distribuiva indiscriminatamente il bene ed il male. Quando usiamo questi termini pensiamo perciò alla relazione causa-effetto con un senso di fatalismo- Purtroppo insinuare che ciò che ci accade dipende dal destino, ci rende spesso povere vittime in attesa che questo ci mostri quale lato del bene e del male ci verrà assegnato. E ci rende passivi, talvolta fornendoci persino l’abili della non possibilità di agire o di agire diversamente, innescando meccanismi nuovi o smettendo di averne altri disfunzionali. Sicuramente in tal senso fornisce l’alibi migliore, quello per cui continuare a lamentarci restando fermi.

LA TUA VITA DIPENDE DA TE O DAGLI ALTRI? Ovvio ci sono eventi che sono del tutto casuali; se camminiamo sotto un balcone e ci cade una tegola sulla testa, non c’entriamo niente, non potevamo saperlo. La sfortuna è perciò l’analisi di un evento di cui siamo del tutto irresponsabili, come lo è la fortuna d’altronde se compriamo il biglietto vincente ella lotteria. Nel mezzo gli eventi hanno comunque sempre una percentuale di margine in cui ciò che viviamo ricade (anche qui nel bene e nel male, visto che responsabilità ricordiamo per la centesima volta, significa abilità di risposta). siamo in grado di attribuire onestamente la percentuale di responsabilità personale agli eventi della nostra vita?

“Molti pensano il talento sia una questione di fortuna, a nessuno viene in mente che la fortuna possa essere una questione di talento!”j. Benavente

RESPONSABILIT’ E CONSAPEVOLEZZA Vedere questo non significa dichiararsi o colpevoli o innocenti, quanto leggere gli avvenimenti andando oltre una definizione superficiale e semmai imparare dall’esperienza acquisendo competenza e soprattutto consapevolezza: cosa ha portato a cosa

Il peggio lo abbiamo con il concetto di fortuna, per cui definiamo spesso fortunati semplicemente coloro che hanno o fanno qualcosa che noi non abbiamo o non facciamo, del tutto incapaci di analizzare se ci sono arrivati per caso o attraverso una serie di sforzi. E’ più facile infatti attribuire a qualcosa di etereo come la fortuna, la situazione di qualcuno, perchè implica che noi come sopra, non c’entriamo niente, non potevamo fare niente, non avremmo potuto fare niente, non potremmo ancora cambiare niente.

Ciò che non ci piace vedere è ciò che siamo è il frutto delle nostre scelte, che al limite si possono rivelare più attinenti, efficaci, risolutive o al contrario inadatte, malsane per noi. Non ci piace ammettere che se vogliamo qualcosa che non abbiamo e l’altro ha, magari è la conseguenza di un processo decisionale in cui abbiamo fatto scelte diverse ( aggiungerei che spesso cambia anche l’impegno, la devozione, la costanza impiegata, la resilienza allenata e non ultima, la perseveranza).

Possiamo prendercela se ha avuto più giudizio, lungimiranza, costanza, determinazione, audacia, intuito ben studiato? Quanto spesso dimentichiamo che quando abbiamo scelto qualcosa che ora non ci va più è che le situazione al momento è stata valutata in un certo modo- Ci compiangiamo quindi per ciò che abbiamo scelto di fare, attribuendo all’altro più fortuna e a noi più sfortuna guarda caso non avviene mai il contrario. Ovvio che vincere al superenalotto è un caso, è una fortuna; ma l’uso che si fa della vincita demarca molto di più il vero finale della storia e la vera attribuzione della fortuna.

Allora, so cosa state pensando: “Come diavolo fa un uomo di cinquantadue anni, al tramonto, rappresentante di macchine per frappè, a fondare un impero del fast food con milleseicento ristoranti in cinquanta stati, cinque paesi stranieri e un’entrata annuale che viaggia intorno ai settecento milioni di dollari?” Una parola: perseveranza. Niente a questo mondo può sostituire la buon vecchia perseveranza, né il talento – che c’è di più comune degli uomini di talento che non hanno successo? – né il genio – il genio non riconosciuto è ormai un cliché – l’istruzione nemmeno – visto che il mondo è pieno di cretini istruiti. Soltanto la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti.[1] dal film ” The founder”

Ci possono essere situazioni di partenza di vantaggio o di svantaggio ma non sono in modo assoluto precludenti o condizionanti in assoluto, perchè ci sono persone che sono partite dallo svantaggio e hanno cambiato qualcosa fuori (ma ancor prima dentro di loro) e persone che pur avendo tutto, non hanno saputo farne niente. La differenza sta nell’attitudine ed è questo l’elemento di disturbo che troppo sovente genera facili e in-giustificabili conclusioni.

I BEATI SONO IN CIELO, E GlI SFIGATI?. …siamo nell’era della competizione e della performance, ok, ma possiamo distanziarcene attivando il pensiero critico. Siamo sicuramente nell’era in cui i social hanno acuito il confronto, soprattutto perchè hanno fatto proliferare una miriade di immagini false e di successo, creando e alimentando uno dei sentimenti più inutili al mondo, l’invidia. L’invidia infatti uccide sia l’oggetto su cui è rivolta, ma anche il fegato di chi provandola si limita a distruggere, senza fare nulla per provare ad ottenere ciò che vorrebbe.

La natura ha dato all’uomo due estremità: una su cui sedere, l’altra con cui pensare. il successo e il fallimento dell’uomo sono dipendenti da quella che ha usato di più” G.Ross Kirkpatrick

Se i cultori delle parole e del loro uso esprimessero un’opinione sul concetto di sfiga come su quello di “beato te”, probabilmente concluderebbero che è una delle peggiori scappatoie che la nostra mente cerca quando non vuole vedere che si tratta di un senso di responsabilità evaso. Etichettarsi come tali o definire un evento in tal modo è assorbito con un senso di condanna ineluttabile, in cui se da un lato si fugge dalla responsabilità, dall’altra si rischia di incastrarsi in una convinzione peraltro solenne che sembra non avere alternative e ci fa sentire in uno stato di imprigionamento d’azione.

Chiaramente all’aumentare della libertà è conseguito un aumento della libertà di scelta che ci pone molto più vicini alle responsabilità quando sentiamo il peso di dover prendere una decisione che proprio perchè è più libera di un tempo, richiede una valutazione accurata, un contatto profondo con propri bisogni e desideri.

CONSEGUENZE Questo stato di presa di coscienza e di responsabilità appunto, innesca molto spesso un insieme di paure, di frustrazioni, un impegno verso la nostra vita che spaventa; dare la colpa al caso è dunque un modo per non voler vedere quanto il nostro agire sia determinante e il nostro riflettere sia di conseguenza così importante. Quando si tratta di una causa effetto contraria in genere siamo infatti pronti a definirla sfortuna, così come quando qualcun altro ottiene ciò che vorremmo la fortuna è una conseguenza della cecità con cui non vogliamo vedere invece uno sforzo sottostante e comprendere che forse se ci sforzassimo di più, cambierebbe qualcosa anche a noi.

Iniziamo quindi a porre attenzione il linguaggio che usiamo, al significato nascosto, quante volte è deresponsabilizzante? Mi fece notare anni fa un mio amico al mio “questa scatola non si apre“, “no sei tu che non hai ancora trovato il modo di aprirla ,la scatola in genere non fa i dispetti..” Ai lettori largo la sentenza..

Rebecca Montagnino

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3 risposte

  1. roberto ha detto:

    mmmm…questo articolo è vero a metà, si e no, allora cosa deve fare una persona che si trova un lavoro e ci va con dedizione, (vale anche per la fidanzata ecc), e poi un bel giorno ti comunicano che l’azienda dove lavori chiude, digerita la delusione cerchi altri lavori ma ti accorgi che la tua vita non sarà più la stessa, a me pare che questo mondo moderno abbia il difetto di voler cambiare troppo spesso e velocemente le carte in tavola senza rispettare chi magari ci credeva nelle cose,chi magari era giusto che si viveva la sua vita in pace, conclusione siamo troppo connessi siamo troppo informati questo ci fa credere che possiamo “cambiare in continuazione” ma con quali risultati poi ? e quali danni produci al prossimo ?

    • Rebecca Montagnino ha detto:

      buongiorno…infatti lo dico diverso è se passi sotto un balcone e cade una tegola. il senso del post era quello di non screditare l’impegno e la costanza di chi riesce attraverso il concetto di fortuna, soprattutto perchè blocca il cervello a perseverare rischiando di farci cadere in dinamiche malsane che aggravano la situazione. grazie per il tuo commento

      • roberto ha detto:

        ciao, grazie per la risposta, penso che al giorno d’oggi ci sono molte variabili non naturali, non dobbiamo dimenticare che viviamo in un mondo dove il controllo sociale è già da molti anni una materia studiata nelle università made in U.S.A, CINA URSS ecc, voglio dire non siamo più nel bosco che aspettiamo con l’arco la lepre, così è molto difficile far quadrare le cose, chiediti cosa ti piace del tuo fidanzato al giorno d’oggi, la tua risposta sarà sempre influenzata dai modelli che vedi nei film o riviste o dal dai gusti delle tue amiche, ci innamoriamo troppo solo dell’apetto fisico e non del carattere, certo te non te ne accorgi ma in verità? ora non dico che scoprirai che il gobbo di notredame è il tuo ideale ma ci sono troppe variabili di scelta e mode che giudicano…almeno per me è difficile così e non dipende sempre da me cmq…

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