L’ERA DEL NARCISISMO
Era chiaro a quale mito mi riferissi nel post precedente? Al mito di Narciso ovviamente, che è in molto in voga in questa parte di mondo e di secolo.
Da quando ho iniziato a praticare il mio lavoro, mi sono accorta nel tempo che alcune delle teorie fondamentali della psicologia erano diventate obsolete e necessitavano un aggiornamento rispetto alla situazione sociale attuale; ho verificato inoltre un incalzare di un’ epidemia di problemi simili nelle persone (tratti caratteriali che andavano dall’insicurezza ad un senso eccessivo di onnipotenza, a problemi di tipo pratico/materiale di facile risoluzione, a difficoltà di comprensione/lettura della realtà, al disconoscimento delle emozioni e dei sentimenti propri e altrui.) I valori delle persone inoltre si erano spostati spesso su livelli più pratici che interiori, il famoso inconscio su cui speravo di intervenire durante gli anni dell’università, aveva lasciato il posto a situazioni di malessere molto più “quotidiani”. Finchè ho scoperto ciò che già i sociologi delineavano da quarantanni, ovvero la definizione di questa che stiamo vivendo, come l’era del narcisismo.
Il disturbo narcisistico di personalità che va da un tratto narcisistico della personalità presente più o meno in ognuno di noi, fino a costituire una patologia vera e propria, è raddoppiato negli Stati Uniti negli ultimi vent’anni; non solo, è considerato il quarto disturbo psicologico dopo la depressione (che tra l’altro nasconde spesso un disturbo narcisistico alla base), la bulimia e l’anoressia.
Pensate che è talmente epidemico da averlo escluso genialmente dal manuale di diagnosi psichiatrica, come a dire, “sono troppi, non si può fare nulla”.
Nel breve racconto del mito nel post precedente non ho parlato di Eco, la ninfa innamorata di Narciso, la quale privata della parola, non può che ripetere le ultime tre sillabe e incapace di esprimere il suo amore, muore. L’innamorarsi della propria immagine è interpretato nel mito come una sorta di castigo per l’incapacità di amare. Questa personalità che per immaturità o per effetto di un involuzione psicoaffettiva, non è in grado di dirigere l affettività verso l’esterno, la indirizza invece verso se stesso. In fondo anche Eco muore perchè non sa vivere ed esprimere il suo sentimento. Entrambi non possono amare. Questo credo sia uno dei paradossi e la fonte di tanti problemi di questo secolo, che ha generato l’aumento progressivo di difficoltà relazionali.
Uno dei tratti peculiari di tale fenomeno, è proprio la difficoltà a relazionarsi e a considerare l’altro non solo come uno specchio in cui potersi ammirare, e delle cui conferme nutrirsi. Il narcisismo in fondo anima un desiderio naturale, che è quello di essere lodato e ammirato, il problema è che vuoi per l’educazione eccessivamente permissiva, volta a gratificare ed evidenziare le qualità speciali del proprio figlio (anche quando magari fa cose semplicemente normali), vuoi per il progressivo aumento dell’ uso dei social network (che hanno moltiplicato all’infinito la superficialità nei rapporti e il bisogno di protagonismo-), vuoi per le conseguenze del benessere diffuso negli anni prima delle crisi, l’epidemia si è sparsa nelle società occidentali e sta in tutte quelle forme di comportamento umano che non capiamo, che ci feriscono o davanti a cui restiamo senza parole, come se la logica dei valori umani si fosse ribaltata.
Mi chiedevo da anni perchè l’autocontrollo fosse diminuito e fosse scomparsa la sensibilità nelle persone, perchè mancavano della basi minime di rispetto umano…Alla luce di queste informazioni è chiaro che la liberazione dell’umanità dal dovere e dall’impegno ha coinciso con l’abbandono delle inibizioni e con l’immediata gratificazione di qualsiasi impulso.
Son conseguenze del narcisismo, che ribadisco è un problema sociale e culturale, ancor prima che individuale: la competizione a scapito della collaborazione, l’individualismo e l’egoismo che fanno di ognuno il carceriere e il condannato della propria solitudine, quella patina di autoreferenzialità saccente (ovvero l’assoluta perdita di umiltà), il raggiungimento di una realizzazione che renda soddisfatti, arrivati, condivisi, anche andando contro il proprio nucleo affettivo. Di fatto se l’era dell’apparire è così importante oggi, all’identità vera non resta che omologarsi alla massa, a discapito dei veri sentimenti e dell’autenticità.
Spesso ci chiediamo come mai le persone siano diventate meno sensibili, è chiaro che se predomina una cultura dove il benessere individuale precede ogni cosa, è un pò difficile interessarsi agli altri e impegnarsi a coltivare le relazioni umane, che rischiano così di nascondere sempre un secondo fine; la superficialità di questa cultura porta a manipolare pertanto gli altri che possono esser gettati via quando non servono più. In fondo oggi si acquista con un click e ci si cancella con un click.
Le relazioni sono quindi superficiali, le passioni atrofizzate, l’affettività vissuta come qualcosa di sfocato in cui sentimento ed emozione si confondono. Di conseguenza si riduce l’empatia e la capacità di entrare davvero in contatto con gli altri, di tollerare e di accettarne le diversità.
Le persone si alienano come possono per non pensare, non sentire, si anestetizzano consumando cose e deresponsabilizzandosi da tutto, propagando ondate di sfiducia in tutti i campi.
Appartengo ad una generazione che è stata a cavallo tra il modello sociale tradizionale e quello attuale, in cui la velocità dei cambiamenti è stata troppo accelerata per poterli comprendere ed elaborare. Mi rendo conto che la società per come è costruita oggi alimenta il narcisismo, creando così un circolo vizioso. Sembra infatti che l’unico modo per farsi strada è quello di agire senza scrupoli , come bendati, senza capire cosa si provoca negli altri; a questo punto diviene indispensabile abbassare il livello del sentire..Se sento c’è il rischio che i miei sentimenti mi destabilizzino e se sento corro anche il rischio di sentire cosa suscito negli altri, con la probabilità molto alta che l’immagine costruita del proprio sè, ne esce davvero male.
Da quando ho scoperto questo mondo, di cui questo post è solo un introduzione, ho sentito il bisogno di approfondirlo, perchè la sua “ignoranza” genera in chi ce l ‘ha tanta sofferenza e in chi la incontra e la condivide nella vita, un senso di alienazione e destabilizzazione pazzesco. Ho trovato almeno una spiegazione a quello che mi sembrava un mondo assurdo, che per ora rimane assurdo, ma come per ogni situazione disfunzionale, bisogna prima saperla riconoscere per poi saperla affrontare.
Rebecca Montagnino
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