COLTIVARE GRATITUDINE.

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TRE MOTIVI PER PARLARE DI GRATITUDINE. Il primo nasce dal ricordo delle tante volte in cui mi veniva suggerito di esercitare quotidianamente la gratitudine nei corsi di crescita personale. Ci era richiesto di redigere una sorta di diario, in cui ogni giorno ci focalizzavamo a ringraziare qualcosa o qualcuno. Talvolta dovevamo scrivere una lettera ad una persona a cui eravamo riconoscenti o telefonargli direttamente. In alcune circostanze mi sembrava che allenare un sentimento diveniva un puro esercizio di stile, limitato perciò nel suo intento di autentica riconoscenza; si possono praticare i sentimenti? O se ci sono bene, se non ci sono non possono essere inventati??…

Solo con il tempo ho capito che la gratitudine era alla base della soddisfazione e della pace interiore; negli anni e nella pratica, ho realizzato quanto fosse arricchente, quanto contribuisse a farci concentrare su uno stato di grazia in grado di donarci calma ed equilibrio da un lato e generosità verso la vita ed il prossimo dall’altro. Lo scopo di quegli esercizi era quello di focalizzare l’attenzione alla ricerca di motivi di riconoscenza, i sentimenti arrivavano poi come conseguenza naturale. Ho capito che tutti i sentimenti vanno educati da subito e per sempre.

RIEDUCARE ALLA GENTILEZZA. Il secondo motivo per cui ho scelto quest’argomento nasce da una riflessione che faccio sempre più spesso: quanto poco siamo riconoscenti oggi. Ci riflettevo anche l’altro giorno uscendo da un cinema con un’amica; a volte vedere storie del passato in cui c’erano soprusi, guerre, in cui non c’erano i diritti sociali acquisiti che abbiamo oggi , ci dovrebbero far apprezzare di più i vantaggi di vivere in un mondo libero che ci appaiono spesso scontati.

Non è tanto la parola GRAZIE in sè a mancare, per quanto sia indice di un abbassamento dei codici di buona educazione. Il grazie manca dai negozi quando si acquista (infatti si scrive sullo scontrino per far prima), a chi ci chiede come stiamo, ad una gentilezza o un piacere fatto, alla constatazione di quello che si ha, agli agii di vivere in una parte del mondo piuttosto benestante. L’era del narcisismo ha impoverito la riconoscenza, quanto il riconoscere il contributo dell’altro. Accade così che l’atto di gentilezza, sempre più rado in mezzo ad un mondo che corre verso un individualismo sfrenato, finisca per perdersi e non venga più riconosciuto. Forse non viene proprio più notato e quando accade, lo stupore è così immenso, come fosse un epifania, semplicemente perchè ce ne siamo dis-abituati. Basta infatti andare in contesti dove il livello di educazione è più alto, per realizzare quanto la gentilezza intesa come atto normale di civiltà, faccia bene alla salute. Non ricordo chi ha detto che essere rispettati rende liberi, ma chiunque sia aveva profondamente ragione.

Non so se la causa dipenda anche dall’ uso dei social, i quali hanno stimolato la diffusione di un atteggiamento fintamente empatico, declassando l’altruismo autentico e rendendo la gratitudine o l’interesse umano più forma che sostanza.

Il terzo motivo infine per riflettere sulla gratitudine nasce da questa pandemia. Mi rendo conto che sebbene colga ogni momento per vivere e dedicarmi a ciò che amo, sebbene siano passati mesi dalla riapertura di tanti spazi, quel senso di riconoscenza, alla vita non mi passa (fortunatamente) ancora. La gratitudine mi fa mantenere l’entusiasmo e la gioia intatti, vivendo cose “normali” ogni volta come fossero la prima volta.

https://www.donnamoderna.com/news/societa/gratitudine-ormone-ossitocina-felicita

RINGRAZIARE INTERIORMENTE. La gratitudine è uno stato innanzitutto interiore, una forma di ringraziamento silente che inonda chi lo prova. Ringraziamento verso sè stessi, verso quello che gli altri fanno per noi, verso ciò che abbiamo, verso la vita in tutte le sue manifestazioni. Se la cerchiamo ogni giorno ci regala qualcosa di bello e un grammo o più di ossitocina, che è l’ormone rilasciato quando proviamo amore, il che spiega biologicamente perchè siamo indotti, una volta provato, a ricercarlo. Pensate solo a quanto sia importante per noi e quale senso di felicità ci dia l’essere riconosciuti da qualcuno!!!

Ho scoperto quando facevo i corsi di crescita personale, che tenere un diario su cui annotare cinque cose al giorno per cui proviamo riconoscenza, portava di conseguenza la mia attenzione a scovare maggiori occasioni di gratitudine. Inevitabilmente diventava abitudine e quel senso di ringraziamento interno diventava più forte e presente, come un modo, seppur in parte già mio, di guardare il mondo.

Non a caso Oliver Sachs meraviglioso scienziato e autore di famosi libri sulla neurologia tra cui tutti ricordiamo “Risvegli”, intitolò il suo ultimo saggio prima di entrare nella sala operatoria, consapevole della sua malattia terminale, “Gratitudine”– Era il suo testamento all’umanità.

RI-CONOSCENZA La definizione del termine gratitudine, di derivazione latina ( riconoscente o grato) è :”un sentimento di affettuosa riconoscenza per un beneficio o un favore ricevuto e di sincera disponibilità a contraccambiarlo”. Appare subito chiaro che per provare riconoscenza bisogna appunto ri-conoscere, cioè realizzare il dono morale o materiale che abbiamo ricevuto, quindi porci in una posizione di apertura verso ciò che ci arriva e perchè no, guardarlo con una certa umiltà. Sappiamo invece quanto la società odierna improntata sul narcisismo, viva perciò con l’idea che tutto sia dovuto, permeando l’individuo di una sorta di cecità emotiva e non educandolo ad un sano senso di ap-prezzamento.

I bambini crescono farciti di quello di cui hanno bisogno, persino con il superfluo, esaudiscono i loro desideri senza nemmeno averli immaginati, vengono anticipati costantemente e non formano in tal modo nè autostima, nè gratitudine. Vengono viziati e tal rimangono, non riuscendo a godere dei vantaggi che posseggono, non conoscendo le loro risorse, quanto i loro limiti.

GRATITUDINE O SENSO DI COLPA? Il riconoscimento, l’esprimere gratitudine viene considerato al contrario un ottimo antidoto per tutti quei sentimenti di vittimismo, di chiusura e di risentimento che rendono la vita piena di acredine e di perenne insoddisfazione. Serve a relativizzare ciò che ci fa star male: guardando il vissuto di chi ha meno, ci fa reincorniciare le nostre esperienze.

Le persone che coltivano la gratitudine (che non significa essere felici in modo beota, ma consapevolmente saper vedere ciò che ci arriva e che abbiamo), vivono meglio e hanno una salute migliore di chi invece è costantemente attirato da ciò che secondo il suo punto di vista, gli altri posseggono più di lui. I primi ad esempio sanno in grado di meravigliarsi maggiormente, di apprezzare particolari minuti, perchè non danno tutto per scontato e non vivono ciò che hanno come qualcosa di gratuito. Sanno valorizzare: dire grazie agli altri come riconoscere quando dirlo a loro stessi.

Non è accontentarsi, ma essere contenti di quello che si ha. Dire grazie non è servilismo o accondiscendenza passiva, quella semmai è l’atra faccia della medaglia. Solo nei casi in cui l’autostima è bassa, il ricevere diventa difettoso, perchè sottolinea la percezione di inadeguatezza e rende il dono, un bisogno di ri-compensare immediatamente per non sentirsi meno o in colpa. In quei casi non si tratta di reale gratitudine, quanto di bisogno di apparire buoni e bravi (approvazione??????).

Spesso sono coloro che hanno sofferto nel passato ad essere in grado di entusiasmarsi maggiormente e per un tempo prolungato; reduci da tempi difficili, impiegano più energie ad essere grati del cambiamento e si stancano più lentamente del nuovo stato. Ricordo di aver visitato Praga poco dopo la famosa Primavera: il senso di gioia era tangibile tra le persone e il loro modo di relazionarsi pieno di entusiasmo e di calore. Stessa sensazione la provai a Dublino difronte alla gentilezza delle persone: deduco quindi che in quei posti dove la guerra è un fatto più recente, il ricordo della sofferenza rende probabilmente queste popolazioni più grate ed umane. In fondo anche noi, apprezziamo la salute molto più quando un forte mal di testa ci è passato. L’essere umano si sensibilizza di più perciò, quando ha vissuto una deprivazione prima; l’alternanza del benessere al malessere, lo rende più recettivo nel saper apprezzare (dare un prezzo, dare un valore).

DESIDERI LIQUIDI E INSODDISFAZIONE- Nella filosofia buddhista la gratitudine occupa un ruolo fondamentale, per i praticanti è importante sia riceverla che provarla, illumina sia ricevente che mittente, donando un senso di pace interna molto profondo. Chi coltiva la gratitudine non è che non si arrabbia, ma oltre a cercare inconsciamente o meno motivi di criticità e di polemica, è portato a cercare e notare situazioni di benessere più frequentemente. Stesso principio, sebbene rivolto ad una sola figura, è presente nella religione cristiana ed in altre religioni.

Il concetto di essere grati per la propria “fortuna”, ci fa stare con i piedi per terra, ci permette di relativizzare problemi, ci fa rivedere cose che siamo abituati a considerare come presenti, comunque come doni.

Ci potrebbe così far apprezzare libertà che abbiamo e che non tutti hanno nel mondo, le comodità in cui viviamo. Invece ci lamentiamo spesso di ciò che manca, desideriamo sempre di avere di più. La gratitudine potrebbe aprirci gli occhi sulle relazioni che abbiamo, le persone che siamo, gli obiettivi che abbiamo raggiunto, piuttosto che star male per le relazioni finite, le persone che vorremmo essere e gli obiettivi che non abbiamo raggiunto. Focalizzarci su questo punto ci obbligherebbe a stare nel presente, senza ricamare su quello che nel passato non è stato o sulla paura del futuro.

In fondo la nostra società si è permeata di bisogni e desideri liquidi. Siamo la società delle pance piene, dei bicchieri mezzi vuoti…la società che per paradosso quei bicchieri li riempiono in altro modo, di dipendenze di tutti i tipi, di anestetici di qualsiasi marca, annoiati, disincantati, persino già da molto giovani, quando non si è nemmeno giunti ad aver sperimentato cosa sia la vita. La vita annoia soprattutto quando non c’è stata conquista e quando non c’è conquista, spesso non c’è riconoscenza.

Senza considerare poi che molti dei desideri per cui ci struggiamo, forse sono solo il lento condizionamento della cultura e dei tempi in cui viviamo.

COLTIVARE LA GRATITUDINE Passo a voi lo stesso esercizio che diedero a me; so che se praticato con costanza e insistenza, provoca realmente un grande mutamento. Non significa tanto dire “grazie”, che a volte è solo frutto di condizionamenti o necessità di approvazione, quanto di sentirlo autenticamente.

Prendete ogni giorno qualche minuto per scrivere qualcosa di cui siete grati o qualcuno per cui lo siete. Ogni giorno scoprirete c’è qualcosa per cui vale la pena essere riconoscenti, anche semplicemente qualcosa di buono che avete mangiato, una cosa bella che avete visto, una cosa nuova che avete imparato. O persino ringraziare voi stessi per ciò che siete o per ciò che avete fatto. Concentratevi su questo stato, sul cosa esattamente vi fa stare così; come ogni immagine felice vi induce uno stato interiore di benessere, così la gratitudine farà la stessa strada, ridandola a sua volta a chi o a cosa ve l’ha inspirata e generando in tal modo un effetto a catena.

Rebecca Montagnino

Quando ho trovato quest’articolo, peraltro molto semplice e immediato, ho pensato di trattare l’argomento della gratitudine al quale già pensavo d amolto tempo.

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