ASSERTIVITA’

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Credo da un pò di tempo a questa parte, che una delle cose più importanti da trasmettere nell’educazione o nell’ambito della terapia sia l’assertività o meglio la capacità di rispettare se stessi. Il rispetto in generale, che sia per noi o per gli altri, riveste un ruolo fondamentale in una società civile, nelle relazioni e nel rapporto con noi stessi. Quando non ci rispettiamo stiamo male, anche se lo abbiamo fatto da una vita, anche se ormai ci sempre di aver automatizzato una condotta senza rispetto per i nostri bisogni. Intanto se non lo facciamo noi, nessuno lo farà per noi e se impariamo a farlo gli altri a loro volta lo faranno. Il rispetto porta rispetto, solo così affermeremo chi siamo (la parola assertività deriva dal latino e significa asserire, ovvero la capacità di esprimere chiaramente chi siamo, cosa pensiamo, cosa proviamo). Significa difendere i propri diritti senza per questo offendere quelli altrui e senza dover ricorrere alla rabbia, che talvolta resta l’unica emozione che esplodendo, ci permette di essere sinceri e di farci considerare. Anzi molto spesso, come nel caso di personalità aggressive-passive, la rabbia nasce proprio dall’inabilità iniziale di riuscire ad affermare i propri pensieri, sottoponendoci ad un silente atteggiamento di rimurginio rancoroso che sfocia poi, quando il livello di rabbia diventa insostenibile. Purtroppo l’assertività non viene insegnata, per cui le persone si trovano spesso distribuite ai due estremi, o manifestando personalità eccessivamente sottomesse e timorose, o manifestando atteggiamenti di arroganza ed egocentrismo assoluto.

 

Per fare questo ci vuole coraggio ma è l’unico passo per stare bene, vivere dignitosamente e instaurare relazione sane con gli altri, basate sul rispetto reciproco. Molto spesso le nostre comunicazioni sono difficili, poco chiare, timorose, frustranti, ansiose, dubbiose e arrivano inconsistenti se non incoerenti. Quando manca l’assertività il messaggio che comunichiamo non ha efficacia, perchè le parole non sono congrue allo stato emotivo interiore e quindi si uniscono diventando un messaggio paradossale e pertanto poco credibile. Non è perciò un modo di prevaricare sugli altri, anzi la persona che si rispetta tende a rispettare la divergenza di opinioni, perchè è sicura del suo punto di vista e trova in quello altrui non un antagonismo, ma anche un modo per approfondire o arricchire le sue vedute. Un elemento che contribuisce notevolmente è, a parte l’ovvia consapevolezza di sè,  l’assenza del timore del giudizio altrui, la capacità di restare quello che si è a prescindere dal contesto sena temere il confronto,  accettare i complimenti quanto ribadire i propri  diritti, è soprattutto centratura sui propri valori.

Bisogna conoscersi sempre, molto, sempre più, sapere quali sono i nostri punti di forza e le nostre debolezze, sentire cosa ci fa star bene, cosa ci ferisce e saperlo esprimere. Saper chiedere, saper anche pretendere a volte…saper scegliere quale è la cosa migliore per noi, saper rinunciare alle mille maschere con cui crediamo di essere più gettonati. Ci arrabbiamo sovente per l’assenza di rispetto altrui, eppure non ci chiediamo mai se le nostre azioni diano disturbo, nè sappiamo all’occorrenza, manifestare un nostro disagio. Subiamo con la speranza che gli altri comprendano, ma non siamo disposti a comprometterci dicendo un bel NO, se i loro comportamenti ci danneggiano. Invece del rispetto impariamo così ad essere vittime…vittime degli altri, delle nostre paure, di noi stessi..

Ci vuole tempo per imparare a rispettarsi, non a caso è un processo che scatta spesso nella mezza età, quando si comprende che non vale la pena non essere se stessi e dipendere dal giudizio altrui per ogni cosa, quando la vita ha insegnato con la sua esperienza, la fragilità dei legami basati sull’accondiscendenza. I conflitti non portano per forza alla rottura, sono anche un mezzo di maggiore comprensione e chiarificazione, se   non siamo o diventiamo vittime di noi stessi e della paura di essere rifiutati. L’assertività è la via per arrivare ad essere autentici, in pace con se stessi e con il prossimo, senza covare in solitudine situazioni o fatti che non condividiamo. Non possederla al contrario è una trappola enorme, perchè dovremo sperare che niente o nessuno calpesti mai i nostri bisogni e finiremo con il nasconderci, fuggendo da tutte quelle occasioni che potrebbe richiedere una presa di posizione e la responsabilità di essere se stessi. Quindi invece di aspettare la mezza età dovremo incominciare a farlo il prima possibile, sarebbe già molto vivere in pace con se stessi, sapere che possiamo contare su di noi, sentirci alleati ai nostri bisogni, piuttosto che snaturarli nella speranza di essere più amati dal mondo.

 

Rebecca Montagnino,

https://www.google.it/amp/s/amp.lamenteemeravigliosa.it/rispetto-non-si-pretende-si-guadagna/

 

 

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2 risposte

  1. www.fabtravel.it ha detto:

    Da almeno 20 anni lavoro – con scarsi risultati – per migliorare la mia assertività intesa come “parlare ed agire in modo persuasivo senza prevaricare gli altri”.
    Non è facile esprimere atonicamente le proprie idee quando si è fortemente convinti di aver ragione ed è impossibile farlo quando si sta subendo un torto. Probabilmente all’origine del mio caso vi è una fortissima autostima che mi porta ad esprimere le mie idee con una convinzione tale da far sentire spesso la controparte disorientata o soffocata e che quindi si chiude in difesa evitando di ascoltare e di valutare. Questo commento ne è l’esempio.

    A parte il caso personale, il comportamento flemmatico – secondo alcuni – sarebbe la soluzione migliore permettendo di esprimere le proprie opinioni senza alzare minimamente la voce.
    Ma noi non siamo Inglesi, siamo latini! E la differenza si vede, quella differenza che traspare anche dalla lingua: l’inglese è una lingua con una ristretta tonalità con una ritmica ondulante e monotona, e con espressioni che non si discostano molto dal “Oh my God”. Una lingua dove le mandibole e le labbra sono quasi ferme, paralizzate ed anche la lingua non si muove molto, esattamente come i bambini che iniziano a parlare ed emettono i primi suoni. I latini, invece, hanno un linguaggio dalla tonalità molto più ampia che rispecchia stati d’animo e sensazioni, arricchito da mimica facciale e gestualità che enfatizzano quello che stai dicendo e lasciano intravedere quello che stai pensando. Con questo modo di comunicare è facile scivolare nella competizione verbale e frequentemente lo scambio di idee si trasforma in scontro ideologico, sopratutto quando le ragioni non coincidono.
    Il mondo occidentale si divide in due grandi famiglie: quella latina e quella anglosassone. Una delle differenze principali sta proprio nel saper consapevolmente contrastare chi impone le proprie idee grazie a motivazioni estranee ealle idee stesse: Le rivoluzioni iniziano con le parole. Probabilmente, la pacatezza nell’esprimere le proprie idee non estremizza i concetti e non ne permette il miglioramento o il cambiamento; In altre parole, se in Gran Bretagna hanno ancora la regina senza aver mai nemmeno immaginato una rivoluzione, molto potrebbe essere dovuto alla scarsa forza interiore delle proprie idee per le quali non si ritiene meritino di essere espresse in maniera più concisa di quelle espresse dall’interlocutore. Per contro però gli anglosassoni hanno messo a punto una società che ha puntato molto su un sistema propagandistico che gli permette di imporre le proprie idee e i propri modi di vita alle altre società, attraverso musica, film, libri, giornali, università ecc. in maniera da poter prendere il sopravvento sulla religione (che utilizza gli stessi metodi) grazie allo sfruttamento della caratteristica latina opportunamente stimolata e direzionata nel modo più utile a cancellare le religioni per prenderne il posto.
    Ma questo è un discorso sociale…..

  2. www.fabtravel.it ha detto:

    LETTURE SULL’ARGOMENTO

    Per un elenco di libri sull’argomento cliccare sul link di seguito
    [http://bit.ly/assertivita]

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