ESSERE PRESENTI…

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Scegliere, impiegare del tempo, uscire dai propri binari, pensare l’altro come un soggetto. Di tutto ciò quasi nessuno è più capace. La decadenza del dono si esprime nella penosa invenzione degli articoli da regalo, che presuppongono già che non si sappia cosa regalare, perchè, in realtà, non si ha voglia di farlo.” T. Adorno

Qualche settimana fa ho trovato questo pensiero molto attuale e in linea con le mie considerazioni; la frase appartiene al famoso filosofo tedesco T. Adorno (1903-1969). Frase lungimirante già allora, chissà
quale sarebbe stata l’opinione del grande pensatore oggi, vedendo la situazione così deteriorata. Cosa c’è rimasto infatti dello spirito natalizio e in cosa si esprime se non nelle cose materiali? E ancora un dono regalato appositamente in un occasione “comandata”, è davvero un modo in cui esprimiamo l’affetto (specie quando non ci sono altre testimonianze di affetto per il restante dell’anno)? Se i regali fossero una specie di caccia ai desideri di chi ci sta a cuore, fatti con attenzione ad personam, come pretesto per “omaggiare”, sarebbe diverso..”Sarebbe” infatti, perchè sappiamo tutti in fondo che fare i regali natalizi è spesso un must, più che un piacere.

Il fare i regali già nel linguaggio è accompagnato dal dovere; non diciamo infatti vado in giro perchè voglio fare un regalo per natale, ma usiamo il “devo”. Forse Adorno aveva quindi ragione, quando affermava che non c’era autentica motivazione. Sotto il devo, c’è l’imbarazzo di vedersi a propria volta sprovvisti di un dono (“pare brutto se non gli faccio niente”..quante volte lo abbiamo sentito dire); il fatidico bisogno di approvazione non ci permette mai di rispondere sinceramente e di presentarci a mani vuote. Così se il dono diventa un must che nasconde ancora quella falsa reciprocità, quel bisogno di farsi notare e di sorprendere molto narcisistico e molto poco natalizio, lo diventano anche quei messaggi che vengono inoltrati dalla colazione alla tisana digerente post cenone a tutta la rubrica, sempre allo scopo di non fare la solita brutta figura, ma anzi di apparire coinvolti ai destinatari. Sembra una guerra, una sfida per lo meno, dove vince chi scrive per primo; di conseguenza se è poco sentito l’invio, la risposta lo è ancora meno ( classico: “grazie, anche a te e famiglia”). Tutti gesti che di affetto autentico non hanno niente.

I regali non procurano più lo stesso piacere di un tempo nemmeno per i bambini, che mentre scartano sono già annoiati da quello che il pacco contiene e che per loro è solo un oggetto che va ad ampliare la loro stanza, la quale somiglia in effetti più un negozio di giocattoli che ad una camera. E’ uno stress per gli adulti che devono sempre sbrigarsi, fare file, comprare per tante persone diverse.. alla fine cosa si regala davvero di bello, di significativo, di identificativo, di originale? Manco a dire che il natale ci ha colti di sorpresa, sappiamo bene quando arriva. In mezzo a tutti questi doveri, il consumismo ha prosciugato un pò alla volta il vero piacere che dovrebbe portare il donare: rendere felici gli altri. In questo modo il dono rischia di venire offerto spesso per pura formalità, con motivazioni non sincere quanto lo sono i conseguenti ringraziamenti, alla fine donatore e acquirente si incastrano perfettamente in questo gioco di apparenze. Non è un caso perciò che in questo periodo il dictat delle feste e del divertimento, provochi anche fastidio e tristezza (quando anche depressione); non si può essere felici a comando, non si può sentire amore solo perchè è un giorno speciale. Se poi aggiungiamo una buona dose di ipocrisia, nel senso di simulazione emotiva ed affettiva …il natale è servito.

Tolto l’interesse per il soggetto, muore la ricerca del regalo che dovrebbe essere un piacere: il piacere nostro nel cercare qualcosa che all’altro piace. Ma se non guardiamo davvero l’Altro non sappiamo cosa vuole, se non entriamo nella sua mente, nelle sue emozioni, nei suoi entusiasmi, se non ascoltiamo ciò che dice e ciò che vuole, ciò a cui si interessa, la verità è che non lo conosciamo. Così siamo frustrati noi dal lavorio mentale di ingegnarci a trovare qualcosa, quando non ci interessa veramente e così è frustrato chi sente dietro al regalo, il peso del dovere e della convenzione. Questo spiega il senso di non riconoscimento e quindi di delusione, quando ci arriva un dono che non appartiene al nostro io, a volte magari un pò all’io dell’altro, a volte a nessuno e a niente. Sentiamo con dispiacere che non c’è reale gioia, diviene un regalo di circostanza e di conseguenza la relazione con chi l’ha donato meno autentica di quello che pensavamo. Così come non c’è gioia nei messaggi di auguri ricevuti, inoltrati a tutta la rubrica, molto facili per segnalare “interesse” per l’altro. A volte ritornano solo per le feste comandate, persone dimenticate che non sanno nemmeno se siamo ancora vivi, ma grazie alla fruibilità della comunicazione tecnologica, si puliscono la coscienza, scambiando un messaggio con la presenza concreta nella nostra vita.

I regali di natale vanno oltre il problema del prezzo, anzi il prezzo se alto può nascondere la negligenza dei sentimenti. Con la scusa che sono, a differenza dei regali di compleanno, più numerosi, la libertà di farli tanto per farli diviene normale. Un pò come ai matrimoni o alle feste di laurea o ai diciotto anni, dove esiste una sorta di listino morale sul prezzo da versare, in cui le persone si sentono obbligate di muoversi. Dove sta l’attenzione per l’altro in tutto questo? Non c’è da stupirsi se i bambini anelano alla prima comunione per reclamare l’agognato smartphone, se pretendono un diciottesimo come fossero i figli della famiglia reale. Abituati fin dai primi anni a feste dove il numero degli invitati ( e dei regali) è eccessivo, hanno perso il senso del valore della festa e crescono con la pretesa di ricevere sempre e in proporzione crescente..

Ricordo con dolce malinconia l’attesa del Natale e l’attesa della mezzanotte per aprire doni (pochi), richiesti con vero desiderio e mesi prima, ricordo di quando andavo in cerca dei pacchi negli armadi per sbirciare cinque minuti al giorno quello che tanto volevo. Alcuni regali li ricordo ancora: oggigiorno è provato da numerose ricerche che i piccoli imperatori si stancano dei regali, proprio perchè li danno per scontati, non hanno fatto niente per riceverli e ne sono pieni. Li pretendono anche quando e questo accade sovente, i genitori non possono permetterseli. Non si insegna loro a fare la differenza tra un desiderio e un diritto. L’unico piacere diventa la velocità con cui li aprono, come fosse una sfida quantitativa. Sono loro a richiedere cosa vogliono, togliendo così ogni possibile iniziativa personale anche per cose diverse o più semplici… e questo anche perchè in caso non dovessero essere soddisfatti, i grandi se ne risentirebbero.

Con ciò non voglio dire che tutto quello che regala il clima natalizio è falso o sottoposto all’egemonia del re consumismo. Forse basterebbe solo restituirgli una dimensione umana e profonda, intima. Una proposta alternativa quindi potrebbe essere meno regali ai bambini, regali anche fuori lista (pure per non abituarli alla triste abitudine delle liste) e regali ai grandi più sentiti e ricercati ( se in caso questo non avvenisse con una certa naturalezza chiedetevi quale siano davvero i vostri sentimenti e la relazione con quella persona…magari il natale può divenire un’occasione per rifletterci e per cercare maggiore autenticità)..e per i messaggi augurali, mandarne meno ma spendere più tempo e cuore, ripetendo a quella persona quanto teniamo realmente a lei. Essere presenti. Un tempo presente era un sinonimo di regalo; con il tempo la parola fu impiegata per designare un regalo formale e così viene usato oggi. Il suo significato di regalo è rimasto in inglese. Come l’essere Presenti, come dovremmo esserlo sempre per chi amiamo, non solo a Natale. Essere noi, i “presenti”….

Rebecca Montagnino

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