RETE DI IN-SICUREZZA

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La parola rete richiama mentalmente due immagini opposte: da un lato si collega al concetto di sicurezza, dall’ altro a quello di trappola. Se i trapezisti la usano per prevenire delle cadute fatali, dall’altra i pesci e i predati ci cadono dentro. E quella di Internet di quale tipo è?

ANSIA PIU’ O ANSIA MENO..Mi stavo chiedendo a distanza dal suo utilizzo, se usare la rete abbia aumentato l’ansia o l’abbia diminuita e se abbia mantenuto la promessa iniziale di ottimizzare la nostra vita.

Sicuramente ha creato una nuova era e per tantissime cose ha reso la nostra vita migliore; possiamo ricercare di tutto, fare mille attività pur non recandoci di persona, ordinare da casa, ritrovare amici del passato.

Il suo avvento e le aspettative create allora, erano che molte delle sue funzioni avrebbero facilitato ( e non sostituito) la nostra vita, come il trovare un ‘informazione, inviare e ricevere lettere e messaggi in modo istantaneo, così come approfondire o conoscere cose nuove.

Alla fine dai dati emersi sembra invece che la rete venga meno utilizzata per aumentare la conoscenza di novità, quanto venga usata per approfondire o seguire cose che già conosciamo.

Doveva creare degli amici, aprirci al mondo e ai nuovi contatti. Se non durante la pandemia al contrario questo aspetto ha generato una chiusura: si è ridotta la socializzazione, pensiamo non solo al fenomeno degli Hikikomori, che magari sarebbero stati individui comunque introversi, ma che attraverso la rete hanno trovato il loro habitat perfetto. Parliamo anche di molti adolescenti che chattano anzichè uscire, che con il tempo si sono disabituati ad approcciare dal vivo, ad aprirsi guardando negli occhi. L’emotività collettiva già rarefatta, si è assottigliata in faccine che nulla esprimono davvero di quello che abbiamo dentro.

Accanto a tanti contatti/amici, si sono aggiunti spesso molti haters che grazie alla facilità che consente la rete di vomitare senza restrizioni il proprio malessere, hanno alimentato polemiche futili, movimenti e stati di disagio, poi sempre più di rabbia.

Le informazioni cercate hanno svelato ben presto un altro aspetto; quelle che cerchiamo sono viziate da algoritmi come sono spesso contraddette da altre che dicono l’opposto. Spesso se cerchiamo certezze usciamo ancora più confusi su un argomento o l’algoritmo ci abitua ad uno stato di non confronto con versioni diverse del nostro punto di vista iniziale. Il risultato è sentire un’opinione divergente, come un attacco alla propria identità.

NUOVI PERICOLI Phishing, virus, cyberbullismo, furti di identità, pedofilia …tutto corre sulla rete per cui la sicurezza di navigazione ha inasprito di conseguenza le regole di protezione. Giustamente! Meglio proteggerc; solo che a volte la protezione rischia di tenerci in uno stato di perenne allarme.

Le regole di sicurezza in aumento cosa ci provocano? Il comportamento che abbiamo quando navighiamo spesso è un atteggiamento che abbassa il nostro livello di consapevolezza (quando poi scrolliamo entriamo in uno stato di trance vicino alla lobotomizzazione), se vogliamo qualcosa accettiamo qualsiasi cookies ci venga offerto e pur di attivare un pò di dopamina, postiamo nel modo in cui la rete ci dice che è meglio, dimenticando il come avremmo voluto farlo noi in origine.

Se le regole infatti hanno lo scopo di evitare tentativi di frode che pullulano vertiginosamente nella navigazione e nei servizi erogati, noi li accettiamo ma poi dobbiamo adeguarci di continuo a questi slalom; come lo viviamo davvero? Siamo consapevoli del ritorno e dei suoi effetti che hanno su di noi? Chiedetelo ad Alexa…

MILLE E UNA PASSWORD Già siamo subissati di password che non sempre sono facili da riottenere se dimenticate, password per tutto, password ogni volta diverse, da aggiornare, con un numero, un segno, una maiuscola, password mai usata. Abbiamo foglietti di password che dimentichiamo, verifiche continue con captcha che molto spesso talmente le dobbiamo ripetere per accedere, fanno dubitare persino noi stessi di essere un bot. A volte ho l’impressione che manualmente o recandosi di persona, quell’operazione richiederebbe meno tempo, soprattutto meno ansia.

MILLE E UNO APP. Fortunatamente i bambini non possono usare certe app/social fino ad una certa età ( per Instagram è 13 anni e visto che nemmeno gli adulti sono esenti dal caderne dipendenti, figuriamoci un bambino!); ci sono poi app di genitori che controllano le app dei figli, ma anche app dei figli che dribblano il controllo dei genitori. Una jungla insomma.

App che ci dicono quanto tempo passiamo sulla rete: ci certificano in qualche modo il diploma di dipendenza da Internet, in caso non lo sapessimo già. E se prima stare sconnessi era faticoso e frustrante, oggi genera psicosi, si chiama MOFO la sindrome e la sensazione avvertita è di vuoto, mancanza d’aria e di centratura-

Sull’aereo presto resteremo sempre on line, senza doverci privare quelle due ore off. Se non altro quelle scene da Black Mirror di poveri disperati che tolgono la “maledetta” modalità aereo appena le ruote toccano terra, non ci saranno più. Potremo felicemente e eternamente sapere chi ci cerca e scrollare indisturbati per le due ore di volo! Già al cinema mi sembra che tale abitudine si sia leggittimata da sola, considerato le volte che gli spettatori controllano le notifiche ( ogni volta mi dico, o sono tutti presidenti di qualche stato o chirurghi con la reperibilità o… magari hanno un serio problema!).

Abbiamo un app per tutto e un qr code per ogni cosa e in ogni posto che andiamo app-are la scritta scarica l’app…quanti giga di memoria dovremo avere per farlo e quanto dovrebbe essere grande lo schermo del nostro telefono secondo loro?

Il patologico infatti non è la mancanza di connessione ma l’iperconnessione, la bulimia di dati, di foto, di video, di informazioni, di applicazioni, di parti di vita rintanate in un oggetto!

TOTEM E TABU’ In questo post ho usato alcuni stralci di puntate di Presa Diretta visibili su Raiplay o Youtube; vi suggerisco però tutta la puntata “La scatola nera” sulle conseguenze o danni che le prime ricerche hanno mostrato sul cervello dei bambini e degli adolescenti per l’uso dei social (non che che quello degli adulti sia rimasto illeso).

Tra le tante cose che mi hanno più colpito della puntata suggerita, è stato il racconto di una bambina il cui telefono nella sua classe, come quello degli altri alunni, veniva lasciato in una custodia di stoffa all’entrata. Ammetteva che pur lontano e spento le mancava, la distraeva e continuando a fissarlo. Quest’immagine agghiacciante mi dà l’idea dell’attaccamento che abbiamo creato con il device, diventato oggi un feticcio, piuttosto che un orsacchiotto…

LA MANIA DEL CONTROLLO. Secondo voi quanto è aumentata con le nuove tecnologie? Coppie che si leggono i telefoni con la buona notte, per esser certi che il partner non faccia nulla di strano sulla rete, non adeschi altri o altre; rito leggermente risibile se consideriamo che gli stessi sanno che i messaggi si cancellano e o nomi si sostituiscono. App che ci geolocalizzano, algoritmi che zampillano definendo la nostra identità meglio di chi ci conosce meglio e in tutto ciò il fantasma dell’intelligenza artificiale che inizia a bussare ed entrare dalle nostre porte. Abbiamo forse motivo di essere ansiosi ?

WHATSPP Poi c’è l’ansia di whatsapp che a quanto pare ha trovato persino una sua definizione, TEXTING ANSIETY . Da quando esiste la spunta blu sappiamo se il ricevente ha letto il nostro messaggio, cosa che non ho ben capito se abbassa o alza i livelli dell’ansia. Di fatto se non risponde subito elenchiamo mentalmente una serie di giustificazioni, colpevolizzazioni, incertezze, se abbiamo o meno commesso qualcosa, se non siamo poi così importanti. Fatto sta che whataspp ha sostituito dapprima la comunicazione, sebbene priva dell’elemento non verbale che rende la comunicazione a sua volta priva di un elemento indispensabile, per poi sostituire il modo di relazionarsi vero e proprio. Ci si “sente” su whatsapp, per audio oggi, che non è un modo di dialogare, quanto di monologare, soprattutto perchè espuriando la fatica ed il tempo che si impiega a scrivere, se non ha aumentato l’ansia, la logorrea senz’altro. Anche a questo c’ rimedio: la funzione x 1 che raddoppiando la velocità di ascolto sa un pò di ” sentiamo questo che vuole” e così anche l’ascolto come la lettura dei messaggi diviene disattento..

Le supposizioni sul perchè chi legge non risponde subito divengono in alcuni casi manuali di psicologia spicciola, vengono fatte teorie e analisi cliniche sul tema, si chiede a tutti con il risultato di una confusione successiva ancora più grande e una marea di ipotesi inutili.

A volte i messaggi sono un modo di parlarsi persino quando si è vicini, basta pensare che sento sempre più coppie che litigano da una stanza all’altra o famiglie che invitano a cenare tramite messaggio quando basterebbe aprire una porta per farlo. Tutto ciò avviene senza che ne siamo consapevoli, ma l’ansia che ci travolge mentre il tempo di risposta, diviene il parametro usato sovente per delineare l’importanza che abbiamo in una relazione di qualsiasi tipo sia..

https://www.cosmopolitan.com/it/sesso-amore/relazioni/a27238301/texting-anxiety-cos-e-ansia-da-testo/

CODICI LAST SECOND Un ultimo fenomeno a cui stiamo assistendo è l’invio last second di informazioni fondamentali ma sensibili. Per motivi di sicurezza ad esempio airbnb invia i codici di accesso nell’ora esatta in cui scatta il check in. Questo significa che se ci rubano il totem- telefono in aereo, in treno, in metropolitana, o ci cade malauguratamente frantumando lo schermo, ci attende una notte sotto un ponte e se rassicura gli host, un tantino di ansia la mette negli affittuari.

Molti rivenditori di eventi ora mettono i tkts sull’app, visibili qualche secondo prima dell’inizio, che non solo attiva l’ansia di perdere il totem come sopra, ma anche quella per cui per un qualsiasi motivo non fossero visibili i tkts o non funzionasse l’app, ci attende una serata tagliati fuori dall’evento. All’aumento degli inganni chiaramente aumentano le misure preventive; siccome per avere ciò che ci interessa siamo disposti a tutto, accettiamo senza mettere poi tanto in discussione o analizzare quanto questo ci attivi stress.

L’ANSIA DEI LIKE Last but not least, l’ansia/ossessione dei like e dei follower, argomento già trattato ampiamente e che sta aumentando il bisogno di approvazione quanto quello del perfezionismo patologico, entrambi elementi presenti nella cultura narcisista. La “cultura” che promuove l’auto- ammirazione e il nutrimento dell’Ego, aspetti per cui la presenza dei like sta iniziando a definire l’autostima, non solo degli adolescenti, ma anche quella degli adulti.

Nel momento stesso in cui postiamo già abbiamo superato il primo livello di ansia: la ricerca di mettere qualcosa e il modo che farà ottenere un maggior numero di like. Se questo non avviene non ci sentiamo considerati e quindi scatta il secondo livello: l’attesa e la successiva definizione del proprio valore in base a quante persone si affacciano alla nostra vetrina e cosa pensano di noi.

Se vedete la puntata suggerita sopra si evince in modo molto chiaro e allarmante cosa accade nel cervello dei ragazzi che sono in una fase in cui non sanno trovare la propria personalità, se non attraverso l’appartenenza e la condivisione, quindi l’accettazione dell’altro. L’ansia conseguente non è solo per sentirsi considerati o meno, è anche ambire di assomigliare a quei modelli che influenzano la rete, come la ricerca di un aspetto fisico magro, bello, glamour, photoshoppato anche e in linea con ciò che viene visualizzato di più. Tale vendita di identità vale pur di esser vicini in tal modo a quell’ideale di persona carismatica che ottiene i like per come si veste, si comporta o per ciò che pubblica. Con il risultato di dimenticarsi di essere semplicemente chi si è..

Ormai ogni luogo è un culto per un selfie, non esiste il luogo bello di per sè e non basta più che sia bello, deve essere instagrammabile, aggettivo orrendo che è ben diverso da fotografabile, in quanto implica la riuscita sui social dell’attivazione dell’interesse e del ottenimento dei pollici alzati

https://lamenteemeravigliosa.it/dittatura-dei-like/

Chiaramente sarebbe da creare infine un post solo per tutti gli attacchi che la rete subisce e per i ricatti a cui vengono sottoposti siti di estrema importanza, come quelli della sanità, delle banche. Ricordiamo quello che è accaduto in Irlanda nel 2021 e dei danni infiniti causati sugli utenti, di quelli minori ma comunque importanti, nel nostro sistema sanitario. E la sicurezza richiede regole inasprite da difficoltà crescenti a cui silentemente ci assoggettiamo.

Ho cercato di dare a questo post un connotato ironico, che così parrebbe in effetti se letto da un marziano e se così invece non fosse la realtà in cui viviamo abituandoci a divenire esperti di tecnologia (o protagonisti di un romanzo distopico) nostro malgrado (pensate a chi è nonno digitale come fa e farà ad adeguarsi ad un mondo polarizzato dall’innovazione veloce della tecnologia).

In realtà di ironico so bene non ci sia niente, anzi ! E’ una satira amara, un pò impaurita, di chi sente e vede un mondo descritto da romanzi un tempo letti come fantascienza, oggi realtà normalizzata..Forse in questo caso l’età che avanza aiuta in due sensi: a ricordare e confrontare un passato più umano e a sentire che in fondo ciò che esiste oggi e che ci sarà domani, dà meno adito a grandi rimpianti…

Rebecca Montagnino

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