L’ ERA DEL PARADOSSO

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L’era in cui viviamo è un’era piena di paradossi, dove ogni cosa è vera quanto lo è anche il suo contrario. In questa giungla di parossismi, vivere è come camminare su di un filo e noi siamo funamboli che se non abbiamo un equilibrio sufficientemente forte, rischiamo di cadere ad ogni soffio di vento. Un esempio: oggi possiamo comunicare con qualsiasi mezzo, in qualsiasi luogo, in qualsiasi istante, disponiamo persino di traduttori simultanei grazie alla rete, eppure non ci comprendiamo, abbiamo difficoltà a capire non solo il senso, ma anche le parole altrui… Siamo stranieri nella nostra stessa terra!

DA UN ESTREMO ALL’ALTRO Viviamo un momento probabilmente unico nella storia per la velocità con cui siamo passati a grandi cambiamenti sociali che avrebbero richiesto tempi enormi di consapevolizzazione. Stravolgimenti che proprio per non esser stati metabolizzati, stanno profondendo un grande senso di destabilizzazione, come se perduti certi confini o barriere rigide di un tempo, si sia passati subito dal lato opposto della barricata; da un estremo di rigidità ad uno di profonda liquidità/flessibilità ( forse divenuta gassosità), in cui sono evaporati assieme i confini del buon senso, quanto quelli di una sana centratura. E qui un altro paradosso: flessibilità richiama elasticità, quindi apertura mentale. Situazione mi sembra, che invece di accrescersi direi sia in fase decisamente calante.

Camminare restando in equilibrio in una nebbia così densa, è sicuramente faticoso oltrechè stressante- Ogni cosa sembra chiederci di prendere una posizione e allo stesso tempo le posizioni da poter assumere aumentano, si contraddicono, diventando impossibili da valutare e stancante da gestire, occorre quello che più manca: consapevolezza, saggezza, spirito critico, un tuffo nella realtà.

Siamo dipendenti, dopo anni di tossicodipendenza dalla rete, a suggerimenti costanti, stimoli che esplodono ogni secondo creando ansie decisionali. Sarà giusto/sbagliato, sarà bello/brutto, sarà abbastanza, ci sarà qualcosa di meglio? Il dramma, se di dramma poi si tratta, è che non sono più decisioni binarie, ma angolazioni diverse proliferano come i batteri vivi dello yogurt.

Per poter restare integri, con le proprie idee, la propria personalità (quando si è deciso di sbarazzarsi dai condizionamenti e approvazione altrui), si realizza che farlo in modo accurato richiederebbe una serie di approfondimenti ed analisi ulteriori, sostanzialmente altro tempo che non abbiamo e non ci prendiamo!

In questo mondo caotico, ultra rapido, tutto ormai ruota intorno all’economia del tempo; avendone sempre meno, dobbiamo ottimizzarlo facendo più cose insieme (la dea multitasking)- Il consumismo non vediamo, consuma noi e ci ritroviamo con sempre più cose da tenere sotto controllo, emozioni nel frattempo che ci sfuggono o che mettiamo a tacere, mentre lo spazio vitale del tempo libero si restringe sempre più.

All’aumentare delle facilitazioni della tecnologia nella vita quotidiana, sono sorte invece altre mille problematicità; una gestione infinita di dati da tenere a mente, scadenze da segnare, app da scaricare, password da ricordare. App che non funzionano, siti ingovernabili, chat automatiche con cui arrabbiarsi.

Apprendere affannosamente, velocemente nuovi sistemi, nuovi modi di vivere, nuove parole, nuovi modi di relazionarci. Poi ci lamentiamo di overwhelming???

L’ERA DEL CAOS Quando il tempo si assottiglia sempre di più e la volontà di investire sulla profondità scompare proporzionalmente, le decisioni vengono prese sul momento, al volo, in base a sensazioni, emozioni, impulsi, appetiti, talvolta persino mode che non ponderate, creano solo altri stati confusionali.

Siamo nell’era dei narcisisti e dell’educazione “morbida”; i piccolo re quando crescono ed escono di casa come prima, hanno diritto a tutto e pertanto anche a quello di sentirsi facilmente offesi, toccati, mortificati. Resi fragili declamano con la “giusta” pretesa risarcimenti, aiuti, compensi o una qualsiasi forma di assistenza. Ognuno esercita diritto assoluto e dovere su niente…altro grande paradosso!

Purtroppo qui bisogna ar-rendersi all’evidenza: riflettere è vintage, confrontarsi antico (in questo la rete devo dire ha “aiutato” molto). Coltivare la dialettica, ricercare la saggezza, argomentare un sano contraddittorio, con un bisogno di approvazione mortale e una caccia al perfezionismo super patologica come stiamo vivendo, è utopia.

A volte penso o magari sogno: forse la storia umana è fatta di cicli che si alternano, un giorno vedremo il Senso di tutto ciò. Al momento però non vedo quale sia il punto di arrivo di un simile frastuono, ciò che mi appare chiaro è al contrario, un insieme di tanti, infiniti punti interrogativi in aumento.

DA NON TRAUMA A TUTTO E’ TRAUMA .Questi pensieri mi accompagnavano già da tempo, finchè lo studio di un bellissimo libro “Il corpo accusa il colpo”, di Bessen Von der Kolk mi portata a riflettere su come il concetto di trauma sia cambiato nel corso della storia e come l’ espressione dello shock conseguente, venga influenzato dal modello culturale storico in cui viviamo.

Fino alla seconda guerra mondiale, il trauma era diventato argomento di interesse grazie agli studi sugli effetti psicologici nei soldati. Era stato definito persino un tipo particolare di trauma, lo shock shell che indicava le ripercussioni psichiche dovute ai bombardamenti; vista la diffusione era nata l’idea di offrire assistenza e un indennizzo a chi ne fosse stato colpito. ad una visione opposta. Con l’avvento del nazismo invece era sorta una tendenza opposta; chi rispondeva con eccessi emotivi veniva considerato troppo fragile e incapace di far parte del corpo militare.

Nel post guerra la ricerca si era frenata per riprendere poi con i reduci del Vietnam. Test ed esami diagnostici evidenziavano con sempre maggiore precisione, come e quali aree del cervello venivano afflitte dai danni del trauma che rendevano le persone incapaci di tornare ad una vita normale.

Da allora questi traumi insieme agli abusi sessuali sono divenuti sempre più incisivi nel dominio della salute mentale e dell’interesse dei media; ciò che un tempo restava segreto, oggi ha voce e quindi può essere curato.

Il problema psicologico è stato sdoganato tanto che non sono solo i traumi ad essere oggetto di discussione, ma qualsiasi situazione che genera sofferenza ed ansia. Il passaggio da- difficoltà- problema-trauma è divenuto come conseguenza spesso molto labile.

Tutto ciò è accaduto molto velocemente se pensiamo ai tempi medi dei grandi cambiamenti storici; il disturbo post traumatico da stress circoscritto all’inizio a vittime di guerra o di violenza, oggi viene applicato anche a separazioni o licenziamenti. Non è più la situazione a declamare il disturbo, quanto la reazione dell’individuo.

Il DPTS si è visto a seguito di numerose ricerche, fa un numero notevole di vittime, quasi più del cancro ed è alla base di molte malattie croniche; questo spiega la nascita della psicologia dell’emergenza. Far parlare ed elaborare a chi vive catastrofi o violenze, il più velocemente possibile il vissuto emotivo del trauma.

Non esiste di fatto un limite, un confine per stabilire se un trauma per un brutto voto scolastico sia paragonabile ad uno per molestie. Dipende molto da come impatta e come reagisce la vittima. Chiaramente una personalità poco strutturata ha maggiori probabilità di vivere un’esperienza in modo potente, come i bambini appunto. In una società in cui ognuno si legittima il titolo di vittima e la conseguente reazione ostile quando non gli viene riconosciuto, non può rischiare di far perdere il controllo della situazione? Non so perchè mi ricorda il film “L’onda” in cui un semplice ed interessante esperimento sociale-storico dilaga in un attimo, in uno scenario pericoloso.

BISOGNO DI ACCUDIMENTO/ ASSISTENZIALISMO Ciò che è stato lecito e resta ancora sacrosanto ha preso la mano, facendo impennare un bisogno strabordante di urlare ogni forma di ingiustizia, creando movimenti pieni di odio e intolleranza. Per paradosso più la tolleranza è stata predicata, più sembra che sia diminuita. E qui la rete ha creato un poet’s corner infinito!

Le persone che si rivolgono allo psicologo spesso mettono accanto traumi enormi che non leggono come tali (spesso non perchè non sia sofferto, ma perchè rischierebbero di esaltare la fallacità dell’essere- grave problema in una società dove il perfezionismo è una droga capillare ), ad argomenti più facili di cui non trovano soluzione che per paradosso creano persino più malessere .

FRAGILE O SENSIBILE? Quello che viene richiesto a modo materno/ caregiver è la riparazione di qualcosa che che non può essere estinto: essere vulnerabile serve, ci rende umani. O ancora viene implorata la sostituzione di un mondo imperfetto con uno ideale.

Si è passati dal non valutare affatto l’impatto della sofferenza sulle persone, a quello di urlarla sui social o di reclamarla per qualsiasi situazione, creando uno stato di fragilità che nulla ha a che vedere con la sensibilità.

Tale fragilità è più somigliante ad una forma di deresponsabilizzazione, di spostamento sempre sull’altro delle eventuali colpe e responsabilità; è sempre “a causa di altro”, che sia Stato, famiglia, partner, lavoro, società, assicurazione sanitaria, se qualcosa di noi non funziona. E anche quando questo è vero, non significa che non ci sia una respons-abilità personale che si lava totalmente le mani, invece di scovare la crepa da cui potrebbe entrare un pò di luce.

Si passa da non è colpa mia e al non posso farci assolutamente nulla . Questa forma di disfattismo/nichilismo forse dobbiamo iniziare a vederla non più come una perdita di autostima, quanto una geniale dissonanza cognitiva per non agire nemmeno nel margine che ci è concesso!

Assumersi quel tanto di responsabilità che ci è dato e che dobbiamo al mondo che ci circonda, quel sacrosanto concetto di Agency (capacità di pendersi in carico la propria vita)! Sembra che come accade da un’analisi sociologica, quando la società arrivata ad un punto in cui la scelta e la libertà decisionale sono scontate, richiede all’individuo un carico di responsabilità creando un’ansia insostenibile che egli scarica felicemente come può.

E L’AUTOREGOLAZIONE???? L’autoregolazione emotiva si è dissipata, laddove il contatto con le emozioni si è lentamente perso e i freni inibitori si sono spaccati. L’educazione è stata considerata un pò alla volta uno strumento antico ed inefficace, obsoleto anche, da cui ci si è allontanati forse più velocemente del dovuto, buttando all’aria valori che magari facevano da freno. Considerando che ciò è avvenuto nel momento di massima fioritura del narcisismo, in cui empatia e rimorso non esistevano più, io non mi stupirei così tanto delle estreme conseguenze a cui assistiamo.

Viviamo dunque un clima di esasperazione in cui tutto viene buttato dentro, tutto crea stress, un esame, un entrare a scuola il primo giorno, un rapporto che finisce. Si diventa così sempre meno strutturati ad affrontare questo mondo e si rifugge, nascondendosi dietro a desideri di superpoteri, senza considerare che non serve ricorrere alla Marvel, qualche potere ancora lo abbiamo solo che non lo usiamo.

GLI ESTREMI. Vi metto a fine post degli articoli di un movimento (mi mancava) men going on thei own way in risposta al cat calling o al #me too che ha creato oltre ad una giusta consapevolizzazione sul potere maschilista e sul diritto di denunciare le sue azioni, anche tanta confusione; in questo movimento gli temono di venir accusati o denunciati di aggressione per un semplice complimento o come avviene in alcuni paesi, per aver proposto ad una collega di uscire a cena fuori. Pertanto avvertono di tenersi alla larga dall’universo femminile.

Dove e quando si è perso quel confine di buon senso partito da denunce lecite e degne, basate su un bisogno di equità e di rispetto sacrosanto, ad arrivare a questo?

LE RELAZIONI NELL’ERA DEL PARADOSSO. Per un marziano probabilmente parrebbe strano osservare quello a cui noi ci stiamo abituando; una vita sempre più appartata e governata dalla diffidenza, dalla paura dell’altro.

La mancanza di contatto con sè, crea poca fiducia in sè, poco potere di azione, un senso di insicurezza perenne. Moltiplicata questa sensazione si fa endemica. Da qui la nascita di movimenti basati spesso sull’odio spiegano come il collettivo si stia sempre più frammentando in piccoli gruppi di protesta.

La rete diviene perciò l’ancora di salvezza perchè non ci espone fisicamente, l’isola felice in cui si “rischia” poco. Un paradosso però sorge anche quà; ci si protegge nascondendosi nella rete e si resta delusi dal fatto che si incappa in fregature. Le applicazioni per incontri ricreano ciò che non sappiamo fare più, ovvero approcciarci, guardandoci negli occhi, mettendo la faccia. E meno pratichiamo l’approccio, meno sapremo farlo

L’uso massiccio della pornografia disponibile in qualsiasi momento diventa talvolta l’area preferenziale e sostituiva dei rapporti sessuali. Meno complicata e anche più soddisfacente, meno deludente, più spettacolare, ma cosa direbbe il marziano di sopra?

SIAMO TUTTI DEGLI INDIGNATI

Per risarcimento, rivendicazione, ripicca, oggi ogni cosa sana diventa in un attimo malsana, ci sono movimenti in difesa e per protesta per tutto, dalle mamme pancine, dalle feste per i divorziati in cui si espongono in cima alla torta la stessa coppia innamorata di un tempo, stavolta con l’uomo insanguinato, capovolto sul dolce.

Sono tutti indignati, sono tutte vittime, tutti funambuli a cercare di non perdere l’equilibrio o ancora a cercarlo.

Esisteva un tempo dove si professava meno tolleranza, ma magari ce n’era un filino in più, non si ponevano certe domande. Regnava per paradosso rispetto maggiore, per buona educazione, maggiore riflessione, e di sicuro l’ egocentrismo era minore.

Gli attacchi che colpiscono ovunque e chiunque stanno allontanando le persone: viviamo dominati del politically correct, dando un’attenzione a volte maniacale alle parole ma esibendole con aggressività divenuta “naturale”.

https://www.giovaniemedia.ch/temi/discriminazioni-odio-in-rete

ll confine di cui parlavamo prima è scomparso, ognuno ha il compito di cercarlo sebbene sia dilaniato da troppi stimoli che tirano da lati opposti e da un vita di stimoli individuali opprimente- In qualsiasi campo sembra così che tutto sia diventato lecito, qualsiasi desiderio, a qualsiasi prezzo e sempre rivolto a soddisfare un benessere puramente individuale. Con quali conseguenze?

Ai posteri l ardua sentenza….

Rebecca Montagnino

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