L’AMORE RIFLESSO

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Tra i vari incontri al festival della psicologia uno trai i più seguiti ed interessanti è stato quello sulla violenza contro le donne: testimonianze davvero toccanti, nuovi modi per prevenire i crimini ed il titolo, già molto riflessivo di suo: “Questo non è amore, è violenza”.

Non è scontato e chi si occupa di relazioni d’aiuto lo sa benissimo, capire che l’amore che ferisce e fa star male, non è sano. Che le minacce, l’isolamento, le gelosie immotivate, le aggressioni verbali sono ancora un atto di violenza di genere. Occorre sensibilizzare di più la popolazione femminile sui rischi che corre a non fermare certe situazioni e rieducare quella maschile al rispetto per le donna. Ma ancora prima mi chiedevo, forse occorrerebbe un’educazione al significato di cosa sia l’amore sano. Siamo circondati di relazioni non funzionanti e non funzionali, tanto da considerarle la normalità. L’amore non è la paura di qualcuno o la paura di non essere più con quel qualcun, a costo di accettare di tutto.

Troppo spesso oggi l’amore non è sano; fa star male, soffrire, quando addirittura non mette a repentaglio la salute fisica e mentale. Anche in situazioni meno gravi, è fonte di conflitti continui, dinamiche gravemente distorte, ricatti, menzogne, che comunque provocano disagio E’ solo quando si ripartirà dal rivendicare il diritto di un amore sano e non si temerà più la solitudine nè individualmente, nè come forma di condizionamento/esclusione sociale, quando l’assertività verrà usata per dire no a tutti quegli stati di bisogno, che vengono fraintesi con l’amore, che forse si potrà richiedere uno stop a tali crimini cruenti. Se ci abituiamo all’amore malato, perchè tanto “questo c’è in giro”, ci abituiamo ad accontentarci a subire e da lì a subire anche la violenza il passo rischia di essere breve. Ho assistito a separazioni dove la vera domanda era perchè quelle persone si erano scelte e perchè in tale malessere erano resistite, in nome della “famiglia”, alibi costruito perfettamente per non dire a se stesse che non avevano il coraggio di star sole, che avevano sbagliato e che quel sentimento, semmai c’era stato, non c’era più. L’amore viene purtroppo frainteso con la mancanza di autonomia, con la paura, con il bisogno e ci si aggrappa alla sua ricerca in modo compulsivo (basta vedere il numero crescente di siti di incontri) .

Oggi sento spesso descrivere la persona che si dice di amare come qualcosa che ” fa star bene“, come fosse il prozac o una camomilla e in questa frase è presente il fraintendimento del sentimento; quello di cui si parla è un amore accudente, un amore riflesso appunto, dove l’altro non esiste ai miei occhi nella sua personalità, ma solo nella misura in cui mi procura benessere. Ora è chiaro dopo la premessa fatta che l’amore deve far star bene (reciprocamente), deve dare  attenzioni, deve aiutare, semplicemente che se si limita a questo, è la ricerca di amore materno in realtà quello che si insegue. Il bisogno di sentirsi indispensabili e simbiotici con qualcuno, la necessità di un sentimento incondizionato, nella vita adulta non può esistere più.

Alle bambine viene ancora insegnato che il loro ruolo è quello di dare: dare accudimento, attenzioni, remissività. La loro accettazione e considerazione dipende ancora molto dalla loro capacità di accondiscendenza . Esiste purtroppo tuttora una cultura che vede in modo diverso l’educazione dei figli; ai maschi viene insegnato a “prendere” egoisticamente e con facilità da parte delle mamme, mentre alle figlie viene richiesto di essere gentili e obbedienti. Se l’aumento del narcisismo come sappiamo, sviluppa sempre più ego, è purtroppo questo il modo per contribuire alla sua crescita. E così le donne si sentono spesso appagate solo nel dare, anche senza ricevere, senza capire se l’altro le ama veramente per quello che sono, per i loro pensieri, opinioni, se le stima, se riconosce loro considerazione e rispetto. Perchè forse questo e soprattutto questo è amore.

Rebecca Montagnino

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