CRITERI DI VALUTAZIONE

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L’altra sera ero ad un seminario dall’accattivante titolo di:  “Come evitare di scegliere la persona sbagliata nelle relazioni, amicizie, soci d’affari”, tenuto dal coach Massimiliano D’Anastasio.  Ho organizzato al volo un gruppo di spedizione di ben 15 persone interessate all’argomento e  arrivata, mi ha  subito colpito che ci fossero circa 150 persone nella sala,  in fondo era un mercoledì in mezzo alla settimana e non c’era il richiamo onnipotente del cibo!!!!  Era quindi davvero un tema di interesse molto comune, considerato che anche organizzare una cena a Roma con pochi amici, è in genere un’attività a dir poco complicata.  Sembrerebbe quindi che di fregature se ne prendano proprio tante in giro. Girando su Internet ho scoperto che ci sono vari seminari sul tema e io stessa  in effetti registro questa grande  difficoltà nel mio lavoro, le stesse dinamiche le incontro ancora nella vita quotidiana o nella mia stessa vita privata. Quando parlavo di “Malati di sfiducia” (post del 18 genn.2016), parlavo anche di questo. Su due elementi concordavo profondamente e silentemente con il relatore; 1 è la forza della propria identità, 2 è  l’importanza dei segnali che ci arrivano ( e che quasi mai teniamo in giusta considerazione). Purtroppo oggi in molti sono capaci di manipolazione, sappiamo che molti lo fanno ed è giusto capire chi abbiamo difronte per saperci muovere….e in caso, scappare in tempo!

Se guardiamo indietro in talune relazioni tossiche della nostra vita, di affari, di amicizia o di amore, vediamo sempre dei segnali indicativi che troppe volte abbiamo messo da parte, per poi rileggerli dopo e darci ragione. Noi  spesso non vogliamo vedere la realtà, preferendo abbellirla di contenuti migliori o passati, o creando  indulgenze eccessive, o  per paura di perdere quello che abbiamo. Illusioni. A volte una realtà amara subito è molto meglio, ci evita di perdere tempo, di soffrire, di restare imprigionati, di lamentarci e accontentarci di nuovo dopo.

Un’identità forte.

Questo è il primo e fondamentale punto. Se credo che mi sto rafforzando, mentre continuo a coltivare situazioni tossiche, procrastino lo stato di illusione. Ricordiamo che l’identità implica anche la capacità di stabilire confini e  saper dire basta. Di stabilire ciò che per noi è prioritario, la scala dei valori che sono imprescindibili. Di fatto non possiamo accettare il contrario, equivarrebbe ad andare contro la nostra stessa natura. Invece come i bambini, preferiamo  dare la colpa a noi stessi, modellarci come pongo pur di essere accettati, andare contro i nostri principi; vediamo ma non vogliamo mettere in discussione quello che in apparenza ci fa stare bene. Un Io forte implica anche l’abilità di capire che rinunciare ad un godimento temporaneo, cosa che la nostra società non sa fare, equivale ad un bene più grande dopo. Non nel senso cristiano del termine. Ma  non evitare una situazione di non reciprocità, accettare qualcosa che ferisce la nostra anima, provoca dei danni nel medio e lungo termine; quello a cui prestiamo attenzione  è solo il benessere momentaneo. Come mangiare un gelato quando siamo pieni: il piacere immediato spesso è reso vano dal fastidio allo stomaco che proveremo dopo.

 Quello che non ci piace oggi, quello che abbiamo visto e non approviamo, domani raramente migliorerà (quello si chiama miracolo e in genere non rientra nel fenomeno umano) anzi il più delle volte, ci piacerà ancora meno. Accontentarsi di briciole è diverso dal sentirsi contenti per quello che si ha e si è. Se una persona ci fa del male, possiamo e dobbiamo provare a comunicarglielo fino ad un certo punto. Oltre quel punto significa accanimento, non accettazione della realtà, attesa di un miracolo appunto. Passato quel limite non ci resta che chiudere la porta e non farci ferire più. Non c’è niente che possiamo fare ulteriormente, soprattutto perchè la reciprocità è già venuta meno. Allora ci accorgiamo che tante relazioni le abbiamo trascinate, alimentate da un coraggio eroico (o coraggio e tempo che forse avremmo potuto investire per cose più appaganti e arricchenti…)

Spesso le persone dicono “piano piano ne esco fuori”. Ora chi con un mal di testa vorrebbe un analgesico che agisce piano piano? Chiunque vorrebbe un farmaco che agisce veloce veloce. Prima agiamo, prima stabiliamo cosa è prioritario e imprescindibile per noi, valutiamo se lo abbiamo o meno,  prima usciamo fuori da situazioni tossiche. In fondo chi continua ad agire a discapito degli altri, lo fa perchè non viene fermato da nessuno. C’è poi un ulteriore considerazione. Abbiamo smesso di scegliere con la pancia, nè tantomeno usiamo più l’intuizione. Scegliamo in base all’idea di quello che dovremo volere e così ci formiamo delle idee o schemi che privi della parte emotiva si rafforzano sempre di più. Il rischio è che quelle idee diventino la nostra realtà, mentre non sono altro che illusioni dalle quali non possiamo separarci procrastinando così uno stato di attaccamento. Occorre quindi fare un duplice passaggio: dall’illusione alla realtà, per poi approdare un giorno all’invisibile inconscio. Quando ci innamoriamo di qualcuno in qualsiasi senso, la nostra attenzione declina, abbiamo una sorta di perdita di lucidità, proprio nel momento in cui sarebbe opportuno conservarne un pò. Non è quindi difficile che diamo tutto e subito, perdendo quel minimo di sano confine o peggio la chiarezza interiore. ci decentriamo da noi stessi per capire l’altro, evidenziando ciò che ci piace e mettendo da parte ciò che non ci piace e che finirà un giorno probabilmente per deluderci. “Si fa uno sforzo continuo per piacere all’intera cerchia dell’amato nuovo, anche s eil suo mondo è ripugnante”, afferma Marias e con questo intento perdiamo di vista chi siamo. Talvolta conta più il bisogno narcisistico di essere approvati che quello che vogliamo davvero

 

Meccanismi di dipendenza.

Molti problemi di distacco da queste relazioni dipendono anche dal fatto che con l’abitudine abbiamo creato dei circuiti neuronali o schemi che si ripetono in modo automatico. Di dipendenza oggi non a caso ce ne sono tantissime. Il problema è che ogni volta che cedo anche solo al pensiero/desiderio e non solo all’atto, alimento il circuito, lo rafforzo sempre di più. C’è un aspetto molto logico nel  meccanismo degli schemi che spiega perchè pur avendole compresi, è sempre molto difficile spezzarli. A volte non è il dolore ma la rabbia, il rimurginare su quello che abbiamo sofferto che ci lega. O su quello che vogliamo. Se continuiamo a pensare a qualcosa o qualcuno che mi fa male, rafforziamo e alimentiamo quel pensiero che  aumenta a sua volta il tracciato dello schema che  scatterà  quindi sempre più automaticamente. Il condizionamento avrà sempre più potere per noi.

Lo schema, per quando sbagliato o disfunzionale, ha sempre un vantaggio per noi, anche semplicemente il godimento dell’attimo. Laddove un tempo la vittoria era vincere l’impulso, oggi è il suo contrario.  Massimo Recalcati afferma rispetto a questo concetto” I sintomi contemporanei portano con se un certo grado di godimento che attenta alla vita del soggetto.  In tutti i nuovi sintomi c’è la centralità di un godimento maledetto di cui il soggetto rimane schiavo. Il fenomeno è più evidente nelle dipendenze patologiche. La distruzione che il godimento porta è la meta ultima del godimento stesso”. Più di tutto la dipendenza rafforza il bisogno di essere manipolati che sta alla base, per arrivare al piacere di essere manipolabili. Questo avviene in tutte le forme di dipendenza, tanto da ipotizzare vista l’entità del fenomeno e la quantità di dipendenze che ci sono oggi, che è un meccanismo non solo umano, ma molto attivo in questo momento storico. Per capire cosa voglio come sempre occorre una buona consapevolezza, altrimenti rischio di confondere i miei bisogni idealizzati o dovuti da situazioni irrisolti con i bigogni del mio vero Io.

Criteri di valutazione.

 Quando faccio formazione talvolta  domando ai partecipanti quali siano i loro criteri di valutazione in generale. Difficilmente si ragiona su questo, trovo che invece che sia al giorno d’oggi un nodo centrale. Perchè scegliamo quel medico o quell’avvocato? Quel cibo piuttosto che un altro e in base a cosa scegliamo? Come e perchè scegliamo di diventare amici di qualcuno, chi accettiamo come amicizia su Facebook? Perchè ci piace una persona? Come scegliamo chi abbiamo accanto? Per fattori estetici, di status, perchè ci affascina un non so che?

 In fondo al medico deleghiamo la nostra salute, all’avvocato i nostri interessi. Alla persona amata il nostro equilibrio emotivo. Da cosa vediamo dunque la competenza di qualcuno o il grado evolutivo di un altro? Non c’è una regola, nessuno ce lo insegna, spesso è la vita stessa a farlo attraverso l’esperienza. E se la nostra esperienza è deviata potremo essere settati male su quel criterio e continuare a fare scelte disfunzionali fino all’eternità.  Accade anche che non sviluppiamo un criterio personale, magari per pigrizia o disattenzione e  preferiamo affidarci al criterio di altri. Solo che ognuno di noi ha una sua scala di priorità,  l’esperienza di qualcuno non sempre collima  con quello che sono io. Così scegliamo con una gran confusione e troppi condizionamenti. Magari ci accorgiamo che non abbiamo criteri,  nemmeno verso noi stessi. Se non li abbiamo scegliamo a caso e  le scelte a caso non sempre hanno un buon decorso. Non ci fidiamo alla fine e allo stesso tempo non sappiamo come potremo fidarci meglio o fidarci se non altro di un nostro criterio.

Non possiamo fidarci delle parole degli altri, talvolta neanche dei fatti. Ci vuole tempo in realtà per fidarsi, conoscenza, ci vuole un’attenzione particolare alla coerenza di una persona. Una volta non  c’era bisogno di chiederci in base a cosa ci fidavamo, perchè la parola data bastava. Dal momento che la parola non è più indice di affidabilità, dobbiamo cercare altri segnali. I criteri ci aiutano in questo caso a cercare con accuratezza, a selezionare. Ci sono tante fregature a questo mondo sentiamo dire di continuo, ciò nonostante nessuno per questo si adopera a valutare meglio e con più approfondimento…si crescono anzi  i figli con questa convinzione, che poi hanno paura di tutto e non si insegna a loro a ragionare su cosa e come  scegliere.

Qualche mese fa ero mia nipote sulla metro e siccome me la spassavo con lei, non ho visto che mi rubavano l’ombrello. Scese, lei (ha cinque anni e mezzo povero amore), mi ha detto di andare dalla polizia a denunciare il fatto. Le ho sorriso e  spiegato che sulla metro siamo noi che dobbiamo stare attenti all’ombrello e ai nostri oggetti personali. Ecco nella sua meravigliosa logica aveva  anche un pò ragione. La metro non è un luogo malfamato, è solo un mezzo di trasporto, ma visto il gran numero di persone diventa un luogo privilegiato per i borseggiatori. La vita è così in fondo, l’ingenuità ci è concessa fino a quando siamo piccoli, poi dobbiamo svegliarci, aprire gli occhi e sapere che sulla metro taccheggiano, quindi stare più attenti. Non importa se sia giusto o sbagliato, se meritiamo o meno che ci rubino le cose, accade e dobbiamo convivere con questa realtà per sapercene difendere. Anche perchè ognuno difende se stesso. Chi ci vuole fregare non ce lo dirà apertamente dopo la prima stretta di mano, nè in genere  ha applicato un biglietto in fronte per metterci in guardia…

 

Dott..ssa Rebecca Montagnino

BIBLIOGRAFIA:

-Il soggetto vuoto. M. Recalcati

– J.Marias, Il tuo volto domani

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