ETERNA ADOLESCENZA

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Anni fa si parlava molto della sindrome di Peter Pan,  tendenza a restare adolescenti anche in età tardiva. Venivano considerati affetti da tale sindrome coloro che vegetavano in condotte poco consone alla loro età, con una forte propensione a non crescere e quindi a perseverare in atteggiamenti immaturi, senza assumersi le normali responsabilità.  Bighellonanti in cerca dell’anima gemella soprattutto, che passavano come le api da una storia ad un’altra senza voler mai posarsi da nessuna parte. Tendenza che ha nutrito  la crescita della chirurgia estetica, la quale  ha saputo  prontamente imboccare questo bisogno di eterna giovinezza. Tutt’ora assistiamo a fenomeni paranormali dove in tv, ma anche tra le persone  più comuni, osserviamo volti e fisici dall’età apparentemente equivoca.  Il mito del non invecchiamento e della perfetta forma fisica attanaglia donne come uomini, mostrando anche miscugli di genere di tutti i tipi. Tutto viene plasmato o modificato, aggiunto o tolto a seconda del capriccio….

Ma a questo punto si pone una domanda: quando si diventa adulti? Quando si diventa autonomi, quando si è in grado di tollerare le frustrazioni che le responsabilità della vita richiedono, quando si è  in grado di avere e seguire delle regole indipendentemente da quelle offerte dalla famiglia e dalla società. Quando ci si differenzia  e si cammina sulle proprie gambe, quando infine si prende la propria vita tra le mani. Seconda domanda scomoda: ma a quale età si dovrebbe diventare adulti quindi? Ecco qui che un “saggetto”( I trentenni, F.Sand) mi illumina e su quelle che consideravo fossero solo mie riflessioni, mi conferma che oggi si diventa adulti assai tardi o meglio si smette di essere adolescenti assai troppo tardi (35 anni!!!!) . Per molti questo non fa differenza.  I genitori sono ben lieti di restare nel loro ruolo e non dover fare i conti con un vuoto progettuale, i figli allo stesso modo sono felici di potere usare i privilegi dello stare in casa finchè possono, anche perchè rispetto ad un tempo in cui stare a casa comportava una  naturale privazione delle proprie libertà, oggi non c’è affatto questo problema. Inoltre gli aiuti economici e le comodità fan gola a tutti, per cui si procrastina fino allo sfinimento l’uscita dalle mura domestiche. Non è solo un problema economico dovuto alla difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro, quanto ad una paura di affrontare ostacoli e difficoltà che fino a quel momento non c’erano state. In altri paesi europei i figli volano via dal nido molto prima, barcamenandosi con  lavoretti fino a trovare un’occupazione migliore. Alcuni studiano persino nel contempo!!!! Questo aiuta a livello mentale, pratico, rende flessibili e adattabili; progressivamente si impara ad arrivare a fine mese, all’inizio con dovute privazioni (che magari presentano il vantaggio di far chiarezza sulle priorità), poi introducendo sempre più confort. Forse all’estero fare a meno degli aperitivi o delle cene non è poi così umiliante.

Ogni cosa che non viene imparata a tempo debito diventa più ardua nel tempo (pensiamo allo studio delle lingue). Immaginiamo un bambino che fino a 10 anni viene portato a spasso sul passeggino, come saranno le sue gambe quando dovrà imparare a camminare o peggio a correre?  Se oggi l’infanzia è sempre più breve- già a otto anni hanno agende piene come quelle dei manager- l’adolescenza è più precoce ma si protrae per più tempo, pare fino ai 35 anni! Non è per caso quindi che ad entrare in terapia sono molti che si trovano in questa fascia d’età. Causa di tutto ciò, un eccessivo benessere, genitori che a loro volta faticano a crescere, un forte individualismo e la resistenza ad assumersi le responsabilità che una vita adulta richiede. La società mostra che ogni nuova esperienza è possibile, che scelta una strada l’impegno ne esclude automaticamente altre, la vita prolungata degli anziani postpone a tempo indeterminato la presa di coscienza della morte e della malattia, tutto sembra eterno, c’è un senso di sicurezza che domina e che fa sentire di poter prender tempo su tutto. Non solo. Il lavoro e quindi la fine dell’università per averlo o almeno cercarlo, sembra un problema che grazie ai tempi “lunghi” di una laurea può anch’esso venir spostato; anche perchè laddove non ci siano le paghette dei genitori (o un vitalizio…), ci sono i primi stipendi che vengono spesi per il tempo libero e che non insegnano certo  a disporre delle entrate per le spese più prioritarie. L’errore nell’eccessiva libertà e protezione con cui vengono cresciuti i figli, che permette loro di scegliere, cambiare, sostituire, abbandonare, sport, corsi, studi senza dover pagare in quanto sono i genitori che colmano tale bisogno, illude che la vita sarà sempre così e non aiuta ad acquisire conoscenze, o competenze che magari piccoli lavori permetterebbero. E’ molto diverso nella psiche, specie se giovane, conquistare ed essere ricompensati, piuttosto che ottenere tutto subito e senza sforzo. Addestra alle difficoltà, rafforza la personalità e la tolleranza alle normali frustrazioni. A furia di togliere ostacoli la personalità non si sviluppa, non avendo niente per cui dover lottare o niente contro cui scontrarsi.

Invece…Niente incoraggiamenti ai rischi, niente delusioni o conflitti, senza capire che questo stato crea una dipendenza eccessiva e una mancanza di direzionalità, nonchè di senso del sacrificio. Una troppa e facile consolazione ai minimi fallimenti, fa crollare al primo e minimo conflitto. Molti genitori si lamentano che i figli non cercano lavoro, non studiano, si alzano tardi, non si occupano di niente al di fuori di se stessi e stanno a casa.  Ma i figli non hanno questa necessità se quello che li manca continua ad arrivare soprattutto senza fatica. Non c’è da stupirsi che stimolare i figli a fare ciò che vogliono senza crear loro impedimenti, li rende apparentemente complici, ma contribuisce alla crescita dell’individualismo e alla loro debolezza caratteriale. Mancando limiti e divieti, che contrariamente a ciò che può sembrare, hanno l’enorme importanza di contenere, l’Identità non si emancipa, nè si struttura.  L’insicurezza viene a galla in modo feroce; questi eterni adolescenti non sanno decidere della loro vita, perchè sono abituati a far decidere i genitori per loro. Manca l’introspezione, il dialogo interiore, spesso persino un mondo interiore che è l’unica difesa contro la conseguente paura della solitudine. La comunicazione con se stessi serve anche per non farsi travolgere dagli eventi della vita. E poi in realtà sono più liberi  di un tempo, ma con una libertà condizionata, semmai seguita  a debita distanza, dai “guinzagli elettronici” geolocalizzabili, che li rendono sempre rintracciabili e “governabili”….

Tutto ciò provoca difficoltà anche nelle relazioni con l’altro; dove l’attenzione nasce e muore solo verso se stessi, l’impegno o la volontà di approfondire l’altro non inizia mai. Si smette di amare quando si smette di provare certe sensazioni, che forse non sono amore. Si chiede di più di quanto si dà. Si formano e si sommano relazioni malsane, basate sull’immagine spesso di famiglie unite più dai confort che dai sentimenti, per approdare a 30 anni con convinzioni drammatiche e sfiduciate sull’amore. Oppure ci si spaventa quando la simbiosi diventa soffocante e si fugge pertanto dalle responsabilità in cerca di situazioni più facili, che poi rivelano gli stessi modelli di personalità frammentate e disintegrate. La confusione dell’identità finisce per colpire anche  l’identità sessuale, che per carità è un fatto su cui riflettere, mai quanto però la gravità che l’identità confusa di base base comporta. (a tal proposito link sottostante). In fondo, se davanti ho mille direzioni e in teoria posso scegliere qualunque, è impossibile scegliere e anche desiderare…

Inoltre le separazioni in aumento e spesso la condivisione di tali fasi e relativi problemi vengono confidati ai propri figli, che diventano amici intimi ( e di Facebook)/ alleati dei genitori. E’ bello pensare che ci possa essere un’amicizia tra consanguinei e le affinità vanno ricercate, solo un pò dopo, quando ci si è differenziati. Se arrivano troppo presto nello sviluppo creano confusione tra i ruoli e perdita dell’autorità genitoriale; pongono inoltre  un senso di insicurezza fortissimo che una relazione possa essere duratura nel tempo. Lo scambio di ruoli e la condivisione eccessiva genera una confusione interiore molto forte, che impatta al momento di diventare adulti ed entrare in un legame profondo. I figli di oggi vengono allevati come fossero  speciali e unici  al mondo e piuttosto che insegnarli la collaborazione, si fa leva sulla competizione che diventa insostenibile quando crescono ed escono di casa. Il bisogno di non fallire e di essere approvati al contempo, spezza i bisogni e il normale ascolto in corpi che sono già disconnessi dalla mente da molti anni. Da un lato ai giovani viene richiesto di maturare prima per capire le loro famiglie e  avere più consapevolezza, dall’altro vengono invitati in tutti i modi, a restare infanti. A una spinta avanti ce ne sono cento indietro e si regredisce perciò alla prima ventata di sconforto.

Il controllo delle nascite o la possibilità di interruzione di una gravidanza sono cambiamenti importanti, difficili da gestire però se non vengono  consapevolizzati ed elaborati,  rischiano solo di creare deresponsabilizzazione e labilità nelle proprie condotte morali. Si provano partner come si provano vestiti nei camerini, senza capire ad esempio che questo alla lunga lascia un segno. La coppia inoltre risponde  troppo spesso al bisogno di status quanto di rassicurazione, che porta ad accettare senza riflettere sufficientemente  su cosa si vuole  veramente e su chi si ha davanti, La propria inadeguatezza viene sfumata così nella coppia, istituendo situazioni di mutuo sostegno psicologico che vengono scambiate per legami affettivi.

In fondo se questi figli sono nati da Peter Pan, era ovvio che il benessere eccessivo con il tempo avrebbe provocato la dispersione dei valori umani e dato vita  agli eterni adolescenti narcisisti della Me generation. Oggi questi adulti per età ma adolescenti dentro, non sanno assolutamente chi sono e vagano in cerca della loro identità. (persino Kung fu panda 3 si pone la fatidica domanda: chi sono io davvero?)). Non sapendolo e non avendo interiorizzato sufficienti esperienze, non riescono a  capire cosa vogliono. Magari sono brillanti a livello professionale, ma inesperti delle normali cose pratiche che la quotidianeità richiede.

Sono favorevole al progresso e  ai cambiamenti sociali, ma sono un pò allarmata da questi  mutamenti troppo rapidi,  dai ruoli poco definiti e da  identità disintegrate. Avverto non solo pericolose confusioni circa la propria personalità, ma peggio ancora una disintegrazione in aumento, spesso patologica negli individui, I genitori irrisolti navigano nelle loro difficoltà quotidiane e di coppia e non sanno riconoscere i segnali di disagio dei figli. Si limitano a prendere come parametro il risultato scolastico o accademico, quando frequentemente i nodi sono ben altri e visibili solo interiormente. Passano pertanto da un liberalismo assoluto alla ricerca di nuova severità, spesso inoltrata quando è troppo tardi e i figli hanno smesso da tempo di rispettare e temere l’autorità famigliare.  Credo che nei momenti di confusione più che correre in avanti, sarebbe opportuno fermarsi e ragionare…Come quando perdiamo un oggetto e facciamo mente locale per ritrovarlo, solo che la perdita qui riguarda una cosa seria, l’identità. Certi aspetti sociali forse andrebbero digeriti prima di ingoiarne altri. Andrebbe fatto un lavoro retrospettivo sugli eventuali danni e conseguenze. I cambiamenti elaborati  e consapevolizzati, prima di essere trasformati inevitabilmente in qualcosa che poi diventa difficile recuperare.

Dott.ssa Rebecca Montagnino

BIBLIOGRAFIA:

I trentenni, F.Sand

Gli sdraiati, M.Serra

 

http://www.giovani.it/news/societa/giovani_35anni.php

http://m.huffpost.com/it/entry/8909480

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