La montagna incantata: generazione snowflake

Il riferimento al titolo della bellissima e tra le maggiori opere di Thomas Mann, non è casuale. La storia del libro infatti narra le vicissitudini di alcuni personaggi all’interno di un sanatorio. Nei primi anni del ‘900 quella di “residiare” presso i sanatori, era una pratica piuttosto in voga per ricchi e medi borghesi; molto spesso a seguito di un problema di salute o di nervi, come si diceva allora, usavano passare un lungo periodo in un luogo appartato dal mondo, senza distrazioni esterne in cui riposarsi. Era un periodo di convalescenza la cui permanenza era così deresponsabilizzante, da faticare a lasciarla: una sorta di limbo, una zona protetta, una campana di vetro tra loro e la vita fuori da affrontare. Ed è in questa montagna, più che su questa montagna, che si trovano gli snowflakes…
LA VITA DI DISNEYLAND La generazione snowflake -fiocco di neve- è un termine usato in sociologia per definire i giovani nati negli anni’90 e si riferisce a questo stato di estrema vulnerabilità che li rende incapaci di affrontare la vita, anche nelle sue manifestazioni più normali. La definizione data dai sociologi, molto vicina a quella della Me Generation è: “una persona che si offende facilmente o qualcuno che crede legittimo ricevere un trattamento speciale a causa delle sue caratteristiche.” Al di là delle etichette che considero sempre limitanti e riduttive, c’è però un insieme di tratti caratteriali che destano allarme: tratti generazionali più che individuali che dovrebbe far riflettere non solo coloro che ne fanno parte, ma tutti quelli che intorno vi gravitano e lavorano, forse inconsapevolmente, a mantenere questo stato.
Ogni cosa appare loro troppo dura, ingiusta, impossibile non solo nell’agirla ma persino nel pensarla, la sola idea crea stress. Si sentono incapaci di affrontare la vita perchè troppo delicati da un lato e con troppe aspettative dall’altro. Sono spesso figli di genitori troppo protettivi che hanno ingerito al posto loro ogni ostacolo e sofferenza, non abituandoli alle difficoltà. Il risultato è l’evanescenza dei fiocchi di neve: inconsistenti, liquidi ed estremamente delicati. Ineffabili in qualche modo, perchè l’eccessivo accontentamento e giustificazionismo dei genitori, ne ha affievolito le risorse e come un fiocco di neve non hanno sviluppato una struttura solida.
Non sono stati educati ad interfacciare e sormontare gradualmente le difficoltà quotidiane, figuriamoci i grandi temi esistenziali. Vittime e poi carnefici dei loro genitori che hanno voluto crearli una vita priva di sofferenza- che forse semplicemente non è vita- scambiandola con un cartone animato o una favola disneyana. Genitori troppi bisognosi della loro vicinanza, di essere perfetti, sono stati compiacenti su tutto, larghi di maniche e corti di rimproveri. Spesso alla ricerca di una complicità amicale più che genitoriale, sono cresciuti (e quindi non evoluti) insieme. Ne è un esempio il film, seppur poco rappresentativo e approfondito “Gli sdraiati” (tratto dal libro omonimo di Michele Serra), in cui se non altro il legame dai confini labili tra padre e figlio, mostra perfettamente le dinamiche in atto. Un padre amico che non sa imporsi, non sa farsi rispettare, non ha un minimo di autorità e viene deriso dal figlio ed amici.
Cresciuti perciò con quest’idea poco veritiera della realtà, si sono illusi di incontrare le fatine e gli gnomi anche nella vita adulta, nella loro professione, tra gli amici, nella ricerca disperata di un partner. Perchè con questo cordone genitoriale sempre stretto e sotto controllo, quello che viene chiamato helicoper parenting, sono incapaci a stare soli e senza connessione con qualcuno. Quando poi da giovani adulti si risvegliano perciò dall’ingenuo sogno, quello che li attende è la vita vera, fatta di problemi, di routine, di persone che non li accettano come mamma e papà incondizionatamente, ma pretendono qualcosa che loro nemmeno comprendono. Crescerli così è stato infatti come allevare un gattino tenendolo sempre dentro casa e farlo uscire per strada quando ha dieci anni.

Il fenomeno dei bamboccioni visto in quest ottica, perde tantissimo della frequente discussione sulla difficoltà di trovare posti di lavoro e rendersi autonomi: questo timore anche se ovviamente realissimo, nasconde un dramma molto più profondo. La paura di vivere. La paura di allontanarsi dal limbo genitoriale, dalle calde gonne di mamma, dove tutto è pronto, accogliente, risolto, stirato, dove si viene ancora imboccati. Il ritardo con cui i genitori li mettono nel mondo provoca uno shock per qualsiasi circostanza, un’insicurezza cronica, a cui rispondono con ansia, con un disperato bisogno di accettazione e come nei sanatori, rallentano come possono la loro uscita dalle mura domestiche (Il film francese Tanguy dipinge perfettamente questo stato di adulti ancora adolescenti). Si muovono perciò solo se hanno un prodromo certificato di garanzia che assicuri loro successo e nessun problema all’orizzonte.
HELICOPTER PARENTING. Sono gli stessi genitori che trovano motivi per trattenerli: “dove vai, goditi lo stipendio, se vai a vivere per conto tuo mangerai da solo, chiedi a mamma e papà che ne sanno più di te, se studi e lavori insieme ti stanchi, ti accompagno io, te lo pago io, te lo prendo io”…PERCHE’? Perchè ne hanno ancora bisogno, per sentirsi ancora utili, per riscattare quella vita fatta di solo piacere che non hanno avuto, per dare un senso alle loro esistenze, che prive della loro presenza in casa, finirebbe con il mettere alla luce storie di matrimoni sbriciolati da anni. Fa comodo a tutti perciò aumentare i sequel del cartone animato, solo che prima o poi la vita busserà alle porte, sbatterà in faccia la realtà, li spingerà a guardarsi dentro. E allora faticheranno il triplo a doverla affrontare.
Lo stiamo vedendo con questa pandemia quanto sia impossibile accettarne la gravità, come lo è il modificare le loro abitudini di vita. Tutto è dovuto e tutto è intollerabilmente frustrante da sopportare.
I TRATTI DEGLI SNOWFLAKE. Se si sciolgono a terra velocemente come un fiocco di neve, non riescono di conseguenza a mettersi in discussione e a subire una qualsiasi forma di critica. Vivono pretendendo tutto e disposti a fare poco e niente in cambio, non contemplano la possibilità anche minima di responsabilità come di sacrificio, devono essere tutelati sempre e basta.
L’eccessiva protezione genitoriale, situazione per cui persino i professori oggi temono di muovere una critica ai loro studenti, trova difatto l’appoggio anche della società. Sembrano tutti concordi nell’affermare che questi poveri giovani hanno una genetica psicologica quasi che li rende così friabili; sociologi, pedagogisti, ma anche psicologi evidenziano questa debolezza, senza ricordare che si potrebbe magari lavorare sul lato contrario, spronandoli, abituandoli a fare come a rinunciare, a strutturarli più che a giustificarli. Non si alimenta ormai, per una paura diffusa di offenderli,uno spirito critico, una capacità di autoanalizzarsi e vedersi anche nei lati più bui della personalità. Lo sviluppo richiede contraddittorio proprio per aiutare a far emergere l’Identità, se non c’è conflitto, non c’è evoluzione.
Quest’ eccessiva deresponsabilizzazione presente sin dai primi anni di sviluppo ed eterna poi, fa si che non possono MAI essere contrariati e non riescono a fronteggiare un’opinione contrastante. Troppo accuditi, coccolati, educati a coltivare il loro edonismo ed egocentrismo, non li viene insegnato invece un fatto fondamentale: che esiste l’altro. Per loro c’è unicamente la loro persona, i loro bisogni, i loro diritti e poi a volte molto dopo, la famiglia, la loro cerchia di amici e tutto il resto…è fuori!
Il fenomeno è oggi chiaramente globalizzato, ma se guardiamo i dati Istat e confrontiamo quelli della Ue, scopriamo che nel nostro paese tre quarti dei giovani tra i 15 e i 29 possiede un diploma di scuola superiore a differenza del’84% del restante eurpeo. La situazione peggiora con i titoli universitari, per cui siamo ultimi con la Bulgaria nella classifica Ue. Questa differenza è spiegabile sia con la poca considerazione che la cultura ha ancora nel nostro paese, sia con la difficoltà di impegnarsi in qualcosa e di portarlo a termine. Laddove le famiglie sono più protettive, l’emancipazione è più faticosa e anche lo studio diviene parte di uno sforzo che finchè passa attraverso l’ammortizzazione economica e pratica dei genitori, perde di motivazione.

La Generation Y o Millenials sta crescendo con l’illusione pericolosa di essere unica e speciale. Più che di narcisismo si sfiora il disturbo istrionico; tutte star della rete, tutti a correre in cerca di visibilità e di condivisione costante. Ogni atto è spettacolarizzato e ogni atto alla fine diviene noia e scontato. Solo la violenza in alcuni casi scuote emotivamente o fa sentire di salire ad un grado maggiore di popolarità ed appartenenza. Ricordiamo la frase di Brad Pitt in Fight Club non a caso “ you are not a unique and beautiful snowflake: you are the same decaying organicmatter as everyone, and we are all part of the same compost life“. Parte del film che in genere vien omessa dalla memoria.
Confondono quindi ipersensibilità con permalosità; scambiano la debolezza con la sensibilità. Non sono empatici (non gli è stato insegnato ad esserlo) e sono troppo focalizzati su si sè; per essere realmente sensibili, si devono sforzare. Hanno un tale superEgo che vivono come affronto qualsiasi forma di non accettazione e soddisfacimento totale dei loro bisogni. Il rischio così è che qualsiasi forma di non condivisone venga vissuta come una contrarietà inaccettabile, l’affermazione di sè così facendo si mischia in una forma di ricerca di vittimismo, ostentando battaglie personali (o problemi personali) come battaglie ideologiche. Tutto ciò che è contrario diviene fonte di shaming, di vergogna, arrivando a livelli di parossismo e pretese assurde. Le difese sociali così erette anche quando parzialmente giuste non fanno altro che rafforzare una controtendenza, anche lei paladina dell’esser contro qualcosa, solo che proviene spesso più che da un senso di responsabilità sociale, da una frustrazione individuale
La pretesa sottostante diventa quella per cui tutti la devono pensare allo stesso modo e quel modo deve essere concorde con i loro bisogni; i professori devono evitare di sottolineare le carenze, i genitori devono dare senza condizioni per non creare traumi, alcune frasi devono essere eliminate per non creare disagio, le università e le scuole devono riempirsi di sportelli d’ascolto per le crescenti difficoltà. Non si rischia così di aumentare l’insostenibile leggerezza del loro essere e annullare anche la diversità di opinione? In fondo va ricordato che le differenze come gli ostacoli, sono anche delle preziose ed inscindibili opportunità nello sviluppo umano.
Rebecca Montagnino
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